L’inverno non è ancora finito, ma i numeri parlano già abbastanza chiaro: da settembre al 19 gennaio nei pronto soccorso degli ospedali lombardi sono arrivati circa 1.500 neonati e lattanti (cioè bambini sotto l’anno d’età) con la bronchiolite. L’infiammazione delle piccole vie aeree la cui causa più comune è il virus respiratorio sinciziale (Rsv la sigla in inglese) negli ultimi inverni ha messo sotto pressione i pronto soccorso pediatrici già da novembre riempiendo, purtroppo, anche le terapie intensive: nelle stagioni 2022-23 e 2023-24 gli accessi in ospedale viaggiavano sui 5.800 e i ricoveri da pronto soccorso sui 2.350, mentre stavolta alla fine di gennaio se ne contano meno di 600. Per fare un confronto, gli scorsi inverni erano 1.500 i bambini finiti in terapia intensiva, ha ricordato l’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso. Riservandosi le conclusioni alla fine dell’inverno, "ma il picco della bronchiolite l’abbiamo già superato" e questo "risultato straordinario" "è attribuibile all’efficacia della nostra campagna di immunizzazione" ai nati dal 1° gennaio 2024 con il nuovo anticorpo monoclonale (non è un vaccino) per prevenire le infezioni gravi da Rsv, che in Lombardia si somministra dal 10 ottobre e dal 1° novembre direttamente nei punti nascita.
L’hanno ricevuto "oltre 52.000 bambini", spiega Bertolaso, e l’"impatto è analogo a quello osservato in Paesi che hanno strategie simili": un crollo degli accessi in pronto soccorso e dei ricoveri per bronchiolite che possono essere anche lunghi e, "in rari casi, con esiti infausti", ricordano dalla Regione. "È un traguardo sia per i neonati e le famiglie, sia per il sistema sanitario, contribuendo ad alleggerire il carico su pronto soccorso e reparti già molto impegnati nella gestione dei virus respiratori". Stiamo parlando precisamente dell’anticorpo monoclonale protagonista di un pasticcio nazionale lo scorso autunno: non rientrava nel piano nazionale d’immunizzazione e l’Aifa l’aveva collocato tra i farmaci a carico dei cittadini su richiesta della produttrice Sanofi, che ne aveva poi trattato l’acquisto con le Regioni; ma il ministero della Salute aveva bloccato quelle in piano di rientro, provocando un’insurrezione del Sud. Poi si risolse con 50 milioni dal ministero e un patto di solidarietà tra Regioni per garantire dosi anche a quelle partite tardi con gli ordini.
Tra le quali non c’era certo la Lombardia: Bertolaso aveva portato il provvedimento (da 15 milioni di euro) alla prima Giunta dopo le vacanze estive. E fu approvato, ma senza i voti di FdI.