
Usa, foto del SARS-COV-2 (Ansa)
Milano – Uno studio condotto dai ricercatori dell'IRCCS Ospedale San Raffaele su modelli sperimentali dimostra che i linfociti T indotti da un'infezione precedente o dalla vaccinazione, sono in grado di proteggerci dalle nuove varianti di SARS-CoV-2 anche in assenza di anticorpi. La ricerca – come annunciato dall'IRCCS Ospedale San Raffaele – è stata pubblicata sulla rivista Nature Immunology e "apre nuove prospettive sulla comprensione della risposta immunitaria contro il virus, mettendo in luce il ruolo fondamentale dei linfociti T come arma di difesa duratura presente nel nostro organismo, al di là della risposta mediata da anticorpi - si legge nella nota - Per investigare questa tematica, i ricercatori hanno impiegato diversi modelli murini, inclusi topi privi di anticorpi ma con funzionalità linfocitaria intatta e un innovativo modello che esprime un recettore ibrido ACE2 umano/topo”.
La memoria storica dei linfociti T
Quando il nostro sistema immunitario viene colpito da un'infezione, spiega la nota, mette in atto diversi meccanismi di difesa, tra i quali l'attivazione dei linfociti B, deputati a produrre anticorpi, e l'attivazione dei linfociti T, che coordinano l'intero sistema immunitario, sconfiggendo le cellule identificate come "estranee” e quindi potenzialmente dannose. "La nostra ricerca - afferma il professor Matteo Iannacone - ha rivelato che i linfociti T, grazie alla loro memoria storica, sono in grado di fornire protezione contro il virus SARS-CoV-2 anche quando gli anticorpi non sono presenti. Questa forma di difesa, indipendente dagli anticorpi, sottolinea il significato cruciale della risposta cellulare mediata dai linfociti T nella lotta contro il virus”.
“Abbiamo osservato come un certo sottogruppo di linfociti T, detti CD8+, siano cruciali nel contrastare infezioni gravi, mentre i linfociti T cosiddetti CD4+ giocano un ruolo complementare nelle infezioni più lievi, con un ruolo significativo giocato dall'interferone-gamma (IFN-γ)”, aggiunge la Valeria Fumagalli, ricercatrice nel laboratorio del prof. Iannacone, prima autrice dello studio e beneficiaria di un finanziamento specifico da parte della Fondazione Prossimo Mio di Milano.
Lo studio
Lo studio è stato coordinato dal professor Matteo Iannacone, direttore della Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie Infettive dell'IRCCS Ospedale San Raffaele e professore di Patologia Generale all'Università Vita-Salute San Raffaele, e svolto in collaborazione con i professori Luca Guidotti, vice direttore scientifico e professore di Patologia Generale all'IRCCS Ospedale San Raffaele e Università Vita-Salute San Raffaele, Marco Bianchi, responsabile dell'unità dinamica della cromatina dell'IRCCS Ospedale San Raffaele e Professore di Biologia Molecolare presso l'Università Vita-Salute San Raffaele, e Raffaele De Francesco, responsabile del laboratorio di Virologia presso l'Istituto Nazionale di Genetica Molecolare e Professore di Microbiologia all'Università degli Studi di Milano.
Burioni: lavoro importantissimo
Sullo studio e sulla sua importanza è intervenuto anche Roberto Burioni, professore di microbiologia e virologia all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano: "Finalmente sappiamo perché il vaccino" anti-Covid, "anche se gli anticorpi svaniscono, protegge a lungo contro l'infezione grave". Un "lavoro importantissimo: oltre a spiegarci perché il vaccino funziona meglio del previsto - spiega via social - può costituire la base per capire meglio la protezione che il sistema immunitario ci fornisce contro i virus e per mettere a punto vaccini più efficaci. Non solo contro il Covid, ma anche contro tante altre malattie".