ROSARIO PALAZZOLO
Cronaca

"Per suo papà niente Rianimazione": Virginio muore da solo con il Covid

Cinisello, dai primi sintomi al ricovero fino al decesso a 85 anni. La telefonata: non possiamo intubarlo

Personale medico durante l'emergenza Covid (foto di repertorio)

Cinisello Balsamo (Milano), 20 novembre 2020 - Virginio è morto da solo in una stanza di ospedale con il Covid che gli ha divorato i polmoni. Come tanti, si dirà. Ma il dubbio che attanaglia il figlio Ivano è che per lui non si sia fatto tutto il possibile per salvarlo. Di più. Che il sistema di assistenza per questa terribile pandemia sia miseramente fallito, al punto da non riuscire a offrire la legittima assistenza a un uomo che, pur anziano, forse avrebbe potuto cavarsela. Virginio Guidi era un cinesellese di 85 anni. "Sempre sano come un pesce, tanto che non era mai stato ricoverato in un ospedale", racconta il figlio Ivano.

L’8 novembre scorso il coronavirus si è insidiato nel suo corpo provocandogli dapprima febbre, poi debolezza, fino a ridurre le sue capacità respiratorie. Per tre volte i familiari sono ricorsi ai sanitari prima che venisse deciso il ricovero al policlinico MultiMedica di Sesto San Giovanni. "La prima volta, il 10 novembre, i lettighieri del 118 sono venuti e dopo aver constatato che la sua saturazione era buona hanno deciso di lasciarlo nel letto di casa – racconta Ivano – Un giorno più tardi il nostro medico di famiglia ha richiesto l’intervento di un Usca, il medico di continuità assistenziale che lo ha visitato davvero per pochi istanti, senza nemmeno auscultargli i polmoni. Quindi ha disposto di dargli l’assistenza dell’ossigeno, senza chiedere il ricovero. Soltanto alla terza chiamata siamo riusciti a ottenere il ricovero, ma forse era già troppo tardi.

Nessuno lo ha mai detto ai familiari di Virginio, ma la sensazione era come se per un uomo anziano come lui negli ospedali non ci fosse posto. Dal 12 novembre Virginio era ricoverato nel reparto Medicina al terzo piano del MultiMedica di Sesto San Giovanni. Qui la sua situazione è andata progressivamente peggiorando, tanto che a un ceto punto è stato addirittura ritenuto "intollerante" al casco per l’ossigeno. Solo, malato e attorniato unicamente da personale medico sconosciuto e bardato da mascherine e occhiali, l’uomo aveva cominciato a dare segni di intolleranza a una condizione di emergenza che probabilmente non aveva compreso appieno.

"Pensavamo che l’ospedale potesse essere il luogo più sicuro e adatto alla sua situazione – confida Ivano, in un misto di rabbia e di impotenza -. Ma ci siamo presto dovuti ricredere. Ho avuto una telefonata surreale con una dottoressa che con toni quasi di resa mi aveva comunicato di aver tolto il casco a mio padre dicendomi in modo chiaro che per lui un posto in terapia intensiva non c’era. Per un 85enne l’intubazione era controindicata, ma dalle sue parole la sensazione è che fosse ritenuta inutile". Mercoledì la famiglia ha ricevuto notizia che il papà si era aggravato, ma che il casco gli era stato tolto. Nonostante le insistenze del figlio, si è deciso di non intubarlo. Nella tarda mattina di ieri mattina la morte. In quel letto d’ospedale dove nessuno ha potuto parlargli o confortarlo nelle ultime ore.