MASSIMILIANO SAGGESE
Cronaca

“Aiuto, papà ha ucciso la mamma”. La bambina in strada e i vicini: “Khalid violento. Amina una lavoratrice, non doveva morire”

Settala, la ricostruzione del delitto, le lacrime delle colleghe e il dolore degli inquilini del palazzo. “Quell’uomo è sempre stato problematico, sempre ubriaco, urlava”

I carabinieri sul luogo dell'omicidio a Settala

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La tragedia di Caleppio di Settala ha lasciato un’intera comunità sconvolta. Il femminicidio di Amina Sailouhi, brutalmente uccisa a coltellate dal marito, Khalid Achak, e quella telefonata disperata della figlia di dieci anni ai soccorsi — "Papà ha ucciso la mamma" — hanno colpito profondamente i residenti della piccola frazione di Caleppio, poco più di 2.800 anime in un paesino alle porte di Milano.

"Era uno che beveva e creava problemi – racconta sconsolato Omar, vicino di casa –. Un paio d’anni fa gettava oggetti dalla finestra, urlava, dava fastidio. Per difenderci stavamo quasi per arrivare a uno scontro fisico. Poi, per un po’, ha smesso. Ma quello che è accaduto è assurdo. Ieri sera, quando siamo tornati a casa, era tutto tranquillo. Verso le 23.30 abbiamo visto arrivare i carabinieri. Mi sono affacciato alla finestra e mi hanno detto di chiudermi in casa e di non uscire. Poco dopo abbiamo saputo che la signora era morta".

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Anche la vicina del primo piano, che ci indica dalla finestra il terrazzino dove viveva Amina, si dice sconvolta: "Sono violenze che potevano essere evitate – ripete –. Quell’uomo è sempre stato problematico. Mi pare che fosse stato anche allontanato da casa, per un periodo. È stato scioccante vedere ieri sera quella bambina camminare per strada, seguita dal padre in mutande, dopo l’omicidio. La piccola va nella stessa scuola di mio figlio. La mamma era una bravissima donna, non ha mai creato problemi. Non ci sono parole".

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Scuotono tutti la testa, sono addolorati. Prima della tragedia, però, nessuno ha denunciato. Oggi, a poche ore dall’ennesimo femminicidio, i commenti sono unanimi: tutti gli inquilini della palazzina di tre piani, dove vivono sei famiglie, concordano sul fatto che l’uomo fosse un violento. "Sono 25 anni che vivo qui, ma ormai è diventato tutto uno schifo", incalza Domenico Tomasello. "Quella povera donna non doveva morire. Tutti sapevano che quell’uomo era pericoloso, ma gli è stato permesso di tornare a vivere con lei".

Sotto casa di Amina passano due colleghe di lavoro. Non vogliono parlare, sono visibilmente sconvolte. "Era una brava donna, una lavoratrice", dicono, allontanandosi con gli occhi lucidi, in silenzio. Amina lavorava da "Le Franche - Pasta Fresca Bottega Caffè", un’attività che unisce bottega artigianale, bar e ristorante, dove si preparano pasta fresca e dolci.

In serata è arrivata la notizia della proclamazione del lutto cittadino. Il Comune di Settala infatti ha deciso tre giorni di lutto in memoria di Amina. Lo ha annunciato il sindaco, Massimo Giordano: "A nome mio e di tutta l’Amministrazione comunale – scandisce – esprimo profondo cordoglio per quanto accaduto ieri sera. La nostra comunità è sconvolta dalla tragedia familiare che si è consumata. Il pensiero di una bambina che ha dovuto affrontare quell’orrore ci lascia sgomenti. Purtroppo – prende atto – questi drammi sono all’ordine del giorno delle cronache nere. E nonostante fiumi di parole, intitolazioni, panchine rosse e manifestazioni pubbliche, il dramma si ripete quotidianamente. Occorre fare ancora di più, ciascuno per quanto di propria competenza, affinché la cultura del rispetto e dell’accettazione prevalga sulla violenza e sull’intolleranza. Ci stringiamo intorno alla famiglia".

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Parole, quelle dei vicini di casa come del sindaco, dette e sentite centinaia di volte, dopo uno dei tanti, troppi femminicidi. Eppure, dopo le lacrime, il dolore sincero e l’indignazione, poco cambia. Le donne continuano a morire. Nel 2024 le vittime sono state 117. E anche quest’anno in Italia si va all’indegno ritmo di una donna uccisa ogni tre giorni.