GABRIELE MORONI
Cronaca

Covid, l'anestesista del Fatebenefratelli: "Sconfortante l’indifferenza della gente"

Linda Orlandi anestesista rianimatore del Fatebenefratelli: servirebbe il lockdown

Lina Orlandi, anestesista

 

di Gabriele Moroni

Linda Orlandi, medico anestesista e rianimatore del Polo Fatebenefratelli divide i suoi turni di lavoro fra urgenze in reparto, sala operatoria, automedica.

Dottoressa Orlandi, com’è la situazione a oggi?

"Le sale operatorie sono chiuse. E’ in funzione solo quella per le urgenze. Ci siamo trovati con numeri di malati e numero di ricoveri arrivati tutti insieme e superiori a ogni aspettativa. Questo perché in Italia il virus non è stato più controllato”.

Come cercate di fare fronte?

"Continuiamo ad aprire posti per terapia intensiva e sub-intensiva. Non credo che si possa aprire al cento per cento perché non abbiamo abbastanza personale. E a differenza della scorsa primavera, quando era tutto Covid, abbiamo anche altri malati da curare".

Questo cosa comporta?

"E’ sempre più difficile prestare cure adeguate a tutti e con il tempo lo diventerà ancora di più. Abbiamo dodici respiratori e una volta che questi saranno finiti ci resteranno quelli delle sale operatorie. Se sarà necessario, i malati li metteremo lì. Intanto continuiamo ad aprire letti. Normalmente in terapia intensiva abbiamo sei posti letto. Oggi siamo a nove intubati. Possiamo arrivare a dodici. Poi non avremo fisicamente più posti letto in rianimazione. Ma già ora non abbiamo più personale. Sono stati arruolati medici e infermieri di altri reparti. Anche se mettono impegno e professionalità, non hanno competenze di terapia intensiva".

Previsioni?

"Se non ci sarà una inversione nella curva dei contagi, vedremo i pazienti collocati in posti non adeguati per le terapie e ventilati a mano. Oltre a questo c’è una cosa che mi sconforta molto".

Quale?

"Non avere la gente dalla nostra parte. Viaggio in metropolitana e per una settimana ho sentito discorsi come ‘Uno muore e il medico scrive subito che è morto di Covid’. Come se noi avessimo chissà che interesse. La scorsa primavera tutti ci davano retta. Avevano paura, erano preoccupati, ascoltavano i medici. Adesso, con questo lockdown e tanti negozi aperti, le persone trovano ogni scusa per uscire. Fino a quindici giorni prima di questa chiusura, andavo a prendere il metrò e vedevo la gente che faceva l’aperitivo in corso Garibaldi, tutto pieno, senza distanziamenti. Vorrei che la gente capisse che non non ci inventiamo le cose, non produciamo fake news e non ci inventiamo i video".

Rimedi?

"Chiediamo il lockdown totale. Se manca il senso di responsabilità, è lo Stato che deve intervenire".

Com’è la sua esperienza sull’auto medica?

"Cerchiamo di essere mandati sui casi più gravi. A differenza di marzo e aprile, quando la gente rimaneva chiusa in casa, adesso esce e si verificano gli incidenti stradali, ci sono i traumi. Con un lockdown più severo, diminuirebbero gli incidenti. Interveniamo sempre come se si trattasse di un caso di Covid, visiera, mascherina, guanti, spesso anche con la tuta bianca. Anche il traumatizzato può essere un Covid positivo".

Come vi guardano?

"Se interveniamo in un condominio scatta il terrore. Eravamo usciti per un paziente morto in casa. Cercavamo notizie dai vicini e nessuno ci apriva la porta. In ospedale il momento più penoso è quando decidiamo di intubare un ricoverato".