Carol Maltesi: “Uccisa perché donna che cercava la sua indipendenza. Fontana voleva vendicarsi”

Le motivazioni della sentenza con cui il bancario reo confesso è stato condannato all’ergastolo: “Furia omicida verso un bersaglio inerme”

Davide Fontana e Carol Maltesi

Davide Fontana e Carol Maltesi

Milano, 18 marzo 2024 – Carol Maltesi è stata “uccisa per un costante filo rosso, quasi un denominatore comune di delitti omologhi e della stessa indole: perché non era un uomo ma una donna”, punita con “intento vendicativo” perché cercava “la sua indipendenza, economica e personale”. Lo scrive la Corte d'Assise d'appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui, il 21 febbraio, ha portato da 30 anni all'ergastolo la condanna per Davide Fontana, bancario 45enne che l'11 gennaio 2022 uccise l'ex fidanzata 26enne a Rescaldina.

Davide Fontana (primo a sinistra) durante l'ultima udienza del processo
Davide Fontana (primo a sinistra) durante l'ultima udienza del processo

Premeditazione e crudeltà

Una "barbarie” in cui i giudici di secondo grado hanno riconosciuto le aggravanti della premeditazione e della crudeltà. Sono state le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, escluse in primo grado e riconosciute dalla Corte d'Assise d'appello (giudici togati Caputo e Anelli), a portare la pena di Fontana, come chiesto anche dal sostituto pg Massimo Gaballo, all'ergastolo.

I rilievi dei carabinieri nell'appartamento di Carol Maltesi
I rilievi dei carabinieri nell'appartamento di Carol Maltesi

Le martellate e il congelatore

Il bancario, reo confesso, uccise l'ex fidanzata nella sua abitazione a Rescaldina, colpendola con 13 martellate alla testa e poi sgozzandola. Dopo il delitto, fece a pezzi il corpo e per oltre due mesi ne conservò i resti in un congelatore. Non riuscendo a liberarsene bruciandoli, decise di abbandonarli dentro ad alcuni sacchi in una discarica a cielo aperto nel Bresciano. Venne arrestato a fine marzo di due anni fa.

L’ultimo set

La 26enne si occupava della realizzazione di contenuti per la piattaforma Onlyfans. Il giorno dell'omicidio, lei e il bancario si erano incontrati proprio per girare insieme un video, nel quale lei doveva apparire legata e con un cappuccio sulla testa, e che era stato commissionato da Fontana tramite un profilo falso. Realizzando quel filmato lui la uccise, ebbe "l’opportunità per l'attuazione” del delitto che aveva già “preordinato”, secondo la Corte, dopo aver “carpito” alla vittima il consenso “di porsi in una condizione di passività assoluta”, “inerme, in balia dell'altrui violenza senza poter reagire, difendersi, urlare, chiedere soccorso”.

Punizione simbolica

Fontana, si legge nelle 95 pagine di motivazioni, portò avanti la "cinica estensione di uno studiato contrappasso”, con un “ultimo, osceno, 'set cinematografico’, un’ultima uscita di scena simbolicamente punitiva per avere la vittima cercato nella carriera di attrice-porno la sua indipendenza, economica e personale”.

Bersaglio inerme

La Corte non ha riconosciuto le attenuanti generiche come equivalenti alle aggravanti, come avvenuto invece in primo grado, cosa che avrebbe portato comunque sotto l'ergastolo la pena per Fontana, autore di una "brutale violenza di genere”, si legge ancora. Invece di lasciare “andare” la donna o di impegnarsi “a coltivare e a valorizzare il legame con lei”, scrivono i giudici, il bancario ha scatenato la sua “furia omicida verso un fin troppo facile ed inerme bersaglio”.

Le perizie psichiatriche

Nelle quasi 100 pagine di motivazioni, c’è anche un’osservazione critica. I giudici hanno fatto notare che ormai nei processi si dispongono perizie per valutare eventuali vizi di mente “non solo quando siano palesi” i “sintomi di un disturbo psichico”, per “doverosamente” procedere ad “un accertamento diagnostico” e non “infliggere la reclusione” ad un “malato psichico”. Ormai le perizie vengono effettuate, si legge ancora, in tutti quei “casi nei quali appaiono insufficienti ed inadeguate le risposte razionali e, dunque, sembrano sempre inappropriate le risposte sanzionatorie”. E il “caso Fontana-Maltesi”, che si è distinto “per la barbarie impiegata” nell'omicidio e nell'occultamento del cadavere, “non poteva sfuggire a siffatto costume processuale”. Ma il "risultato” nel processo a Fontana “è stata la piena capacità di intendere e di volere” dell’imputato, “a tal punto scontata da non essere posta in discussione (clinica)”.

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