
Maria Teresa Bellini col figlio Alberto
Milano – Il tema del riconoscimento dei caregiver famigliari ne incrocia un altro sul quale l’Italia è in pesante ritardo: quello del sostegno al lavoro femminile. Lo sa bene Maria Teresa Bellini, referente lombarda di Confad nonché appartenente al direttivo della Fondazione Condivivere e caregiver a sua volta: "Il 71% di noi, il 71% di coloro che assistono continuativamente un proprio caro non autosufficiente, è donna" fa sapere Bellini. Tradotto: non riconoscere mensilità economiche, trattamenti previdenziali e tutele giuridiche ai caregiver significa – in sette casi su dieci – penalizzare una volta di più le madri di famiglia e il lavoro femminile.
"Mio figlio Alberto ha 31 anni e una grave disabilità della quale ci siamo resi conti già da quando aveva un anno e mezzo – racconta Bellini –. Da allora la mia vita e quella di mio marito sono state letteralmente stravolte. Fin dall’inizio abbiamo cercato di seguire Alberto in ogni modo e questo ha richiesto fin da subito tempo ed energie. Io ho provato a mantenere il mio lavoro da psicologa e psicoterapeuta e ci sono riuscita ma ho dovuto rinunciare alla carriera: avevo aperto un mio studio privato ma dopo pochi anni ho dovuto chiudere. Ho lavorato da dipendente ed ho dovuto necessariamente ricorrere al part-time o a permessi non retribuiti. Diverse volte ho pensato di licenziarmi".
Non l’ha fatto, però. Ha resistito. Ed è riuscita ad andare in pensione un po’ prima del previsto. Proprio la possibilità del pensionamento anticipato è una delle richieste avanzate da Confad al Governo e dalle altre associazioni che rappresentano le famiglie con disabilità. "È urgente dare ai caregiver famigliari possibilità nuove e personalizzare misure e strumenti: oggi la 104 concede a tutti, senza distinzioni, 3 giorni al mese di assenza dal lavoro perché tutti sono messi sullo stesso piano. Ma non può funzionare così – rimarca Bellini –: tre giorni al mese per chi ha un figlio con disabilità grave e non autosufficiente sono una goccia nell’oceano. Così come non si può equiparare, come avviene oggi, chi fa assistenza ad una persona anziana da almeno 6 mesi e chi, come me, assiste un figlio fin dalla sua nascita, da ben 30 anni, e, pur cercando di accompagnarlo in percorsi di autonomia, continuerà in una certa misura a farlo per tutta la vita".
Bellini si è unità presto a Confad: "Allora non si chiamava ancora così". E da decenni è in prima linea per ottenere una legge per il riconoscimento del caregiver famigliare: "L’aspetto devastante è questo iter infinito, che sembra non arrivare mai a nulla di concreto, questi tempi dilatati a fronte, invece, di un lavoro di cura e assistenza che, per noi, è usurante. Ogni giorno che passa per noi è importante. La questione dei caregiver – conclude – non può essere considerata solo una questione delle famiglie ma è un tema e un dovere della società e di una politica che, in assenza di legge e tutele, continua a sfruttarci".