Noi, tassiste di Milano: “Stress, paura e qualche truffa, ma in taxi nascono anche amicizie"

Barbara Annoni viene da Bollate e dopo aver perso il lavoro si è messa in gioco su un’auto bianca. Rita Chisari, novatese, invece ha ereditato la licenza dal padre

Barbara Annoni e Rita Chisari, tassiste di professione

Barbara Annoni e Rita Chisari, tassiste di professione

BOLLATE – Chilometri su chilometri, le paure,le truffe ma anche storie commoventi. È questa la vita lavorativa di due donne del nostro territorio. Barbara Annoni ha 58 anni ed è di Bollate, Rita Chisari ne ha 56 anni e vive a Novate. In comune, oltre a una solida amicizia, hanno lo stesso mestiere: guidano un taxi.

La scelta di Barbara è arrivata a 50 anni, quando da impiegata di ufficio si è ritrovata senza lavoro e, non riuscendo a trovare un altro posto, ha deciso di investire in una licenza taxi e iniziare questo nuovo percorso. Diverso il caso di Rita, che, dopo anni di lavoro, ha rilevato la licenza del padre. Mentre la novatese lavora su turno diurno, a Barbara è capitato di lavorare anche in turni notturni, in cui, specie nel fine settimana, a utilizzare la macchina bianca sono soprattutto i giovani. "Arrivano chiamate da locali, discoteche, feste. Diversi ragazzi responsabili o grazie a qualche consiglio ricevuto, se alzano il gomito, preferiscono tornare a casa in taxi" spiega la bollatese.

In questo periodo festivo invece Milano sembra essere cambiata. Poche chiamate rispetto agli altri anni, meno corse verso stazioni e aeroporti e molti colleghi hanno deciso di non lavorare. Il tema delicato del loro lavoro sono però le truffe, persone che a fine corsa non pagano inventando mille scuse, oppure si dileguano. "Recentemente si è parlato di una “black list“, in realtà sono chat che girano tra colleghi in cui comunichiamo quello che succede e chi non paga, ci raccontiamo anche quello che ci capita ogni giorno, c’è molta solidarietà", spiega Barbara.

"Da questo punto di vista non siamo tutelati – interviene Rita –. Anche quando qualcuno chiama più radiotaxi e prende il primo che arriva: noi arriviamo sul posto e il cliente non c’è più e non avvisa. Oltre a perdere la corsa, abbiamo spese e perdiamo tempo. Infine credo che alcune persone che non vogliono pagare la corsa, si sentano più “forti“ e abbiano meno paura, perché hanno a che fare con una donna al posto di un uomo", conclude Rita Chisari.

Per fortuna ci sono anche storie piacevoli. "Sicuramente le esperienze positive sono maggiori di quelle negative. Capita di trasportare persone con cui nasce empatia, si aprono, raccontano le loro preoccupazioni, magari un momento difficile o di gioia della loro vita e a fine corsa capita di scendere e abbracciarsi con le lacrime agli occhi. Per il resto, dopo il Covid il lavoro è cambiato. Persone sempre più nervose, traffico nelle città a ogni ora. Diversi colleghi hanno deciso di cambiare lavoro", conclude Barbara.

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