ANDREA GIANNI
Cronaca

Giovane morto nel rogo in cella, l’ex capo di San Vittore: "Il carcere va chiuso"

Luigi Pagano, già nel numero due del Dap: “In Italia situazione esplosiva. Il decreto Nordio è un flop, necessaria una misura deflattiva”

Il carcere di San Vittore; nel tondo, Luigi Pagano

Il carcere di San Vittore; nel tondo, Luigi Pagano

Milano, 7 settembre 2024 – Il ricordo di Luigi Pagano torna al ’87 quando, la notte tra sabato e domenica 5 luglio, quattro detenuti morirono per un incendio a San Vittore. All’epoca Pagano lavorava a Taranto e, in seguito, avrebbe assunto la guida del carcere milanese, uno dei penitenziari italiani col peggior tasso di sovraffollamento, di cui è stato direttore per 15 anni. È stato provveditore regionale per la Lombardia, vice capo del Dap nazionale, ha lanciato sperimentazioni e progetti innovativi e ora, in pensione, osserva una realtà dove detenuti continuano a perdere la vita, nel silenzio delle istituzioni. L’ultimo episodio, la morte di un giovane detenuto egiziano, è avvenuto proprio nel carcere da lui diretto.

Pagano, quali considerazioni si possono fare dopo l’ennesima tragedia?

"Quello che è successo va oltre i suicidi che si verificano periodicamente nelle carceri, è indicativo di un clima pessimo, di tensioni che rischiano di esplodere. Poi, in questi casi, c’è il rischio di un effetto emulazione".

Quali soluzioni si potrebbero attuare di fronte a questa situazione critica nelle carceri?

"Non è tanto una questione di risorse e organici, quanto piuttosto di progetti che abbiano una continuità nel tempo. Invece ogni 3-4 anni cambiano i governi e i vertici dell’amministrazione penitenziaria, ed è come costruire sulla sabbia. Nel 2013, ad esempio, con la liberazione anticipata speciale 12mila detenuti erano usciti dalle carceri. Quello era il momento decisivo per iniziare il cammino verso un cambiamento, invece si è tornati indietro. Le risorse, senza una continuità dei progetti, rischiano di andare sprecate".

Come giudica il decreto battezzato ’svuota carceri’?

"Non vedo nulla, in quel decreto, che possa realmente risolvere i problemi, come non vedo i presupposti per un progetto di lungo respiro. La situazione è talmente incancrenita che una misura deflattiva non può più essere rimandata. Bisogna mettere insieme le forze, penso anche al privato sociale. Poi c’è il tema dell’edilizia penitenziaria".

San Vittore, inaugurato nel 1879, andrebbe chiuso?

"È un istituto che non è più sostenibile. Andrebbe chiuso, utilizzandolo magari per uffici dell’amministrazione, costruendo un nuovo carcere. Non serve, però, aumentare i posti. La ricetta è sempre la stessa: organizzazioni, più progetti e soprattutto più continuità nel tempo. Ci vuole la volontà politica".