
Il pm Paolo Storari fa il bis, assolto anche dalla Corte d’appello di Brescia che ha confermato la sentenza di primo grado. Lo scorso marzo, al termine del processo in abbreviato, era stato infatti già scagionato dall’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio per il caso dei verbali sulla presunta loggia Ungheria consegnati all’allora membro del Csm Piercamillo Davigo.
La decisione su Storari è arrivata nel pomeriggio di ieri dopo un’ora e mezza di camera di consiglio. I giudici hanno rigettato la richiesta del sostituto pg bresciano Enrico Ceravone che, alla scorsa udienza, aveva chiesto una condanna a 5 mesi e 10 giorni di reclusione ritenendo la sussistenza delle condizioni per riformare il verdetto del gup Federica Brugnara. Verdetto che era stato impugnato dalla Procura e dall’avvocato Fabio Repici, legale di Sebastiano Ardita, consigliere uscente del Csm e ammesso come parte civile.
"Siamo assolutamente soddisfatti di questa assoluzione piena" che conferma "l’esito di un giudizio di totale innocenza che è particolarmente profondo e netto", ha commentato il difensore di Storari Paolo Della Sala, lasciando il Palazzo di Giustizia bresciano. Il pm milanese, visibilmente emozionato, ha preferito non dire nulla. La vicenda riguardava la consegna dei verbali dell’avvocato Piero Amara (secretat)i a Davigo avvenuta a Milano, nell’aprile 2020, in pieno lockdown. Il pm si era rivolto a Davigo (per lui è in corso il processo con rito ordinario) per autotutelarsi, a suo dire, dalla presunta inerzia dei vertici della Procura milanese in merito alle indagini su quelle dichiarazioni ritenute molto gravi, rese a lui e all’aggiunto Laura Pedio, tra il dicembre 2019 e il gennaio successivo, nell’ambito del procedimento sul cosiddetto falso complotto Eni.
Quella di ieri è in pratica la terza “vittoria“ del pm Storari in questa vicenda. La prima era stata anche la bocciatura della richiesta cautelare di trasferimento d’urgenza, con contestuale cambio di funzioni, avanzata nei suoi confronti nell’estate dell’anno scorso a Palazzo dei Marescialli dell’allora pg della Cassazione Giovanni Salvi, su input dell’ex procuratore di Milano Francesco Greco. In primo grado il giudice ritenne che Storari vide in Davigo un interlocutore "istituzionalmente qualificato" a ricevere quei verbali, che "si era impegnato a fare da tramite con il comitato di presidenza" del Csm. Storari era incorso semmai "in un errore su una norma extrapenale". Infatti "era convinto di rivelare informazioni segrete" a chi era "deputato a conoscerle" e nel far ciò non ha avuto alcun fine "oscuro".