
giovani
Milano, 16 novembre 2020 - «Sì, siamo stati noi» . Poche parole, prima alla polizia e poi al giudice, per ammettere le loro colpe, pur senza mostrare grande pentimento né spendere qualche parola per l’uomo inseguito e preso a calci in faccia. Qualche piccolo precedente alle spalle e nessun segno particolare né sui social né nel tipo di abbigliamento che faccia pensare all’appartenenza a gang strutturate. Tuttavia, lunedì scorso i due diciassettenni, poi arrestati dalla polizia, hanno fatto leva proprio sulla logica del branco e del "tanti contro uno" per aggredire una persona che se ne stava seduto per conto suo su una panchina. Parco Lambro, ore 18.30. L’uomo, 43 anni, vede arrivare tre ragazzi incappucciati, teme che possano prendersela con lui e decide di alzarsi e allontanarsi di fretta. Quei tre accelerano il passo, lo circondano e lo buttano a terra.
L’uomo urla e si mette istintivamente le mani sul volto per evitare di essere colpito, ma è proprio in quel punto che gli aggressori si accaniscono: calci in faccia e in testa, così forti e devastanti che a uno dei tre resteranno tracce di sangue sulle scarpe da tennis. I tre derubano il malcapitato di cellulare, portafogli e chiavi e scappano, lasciandolo dolorante nel vialetto che porta in via Feltre. Nel frattempo, però, qualcuno ha sentito le richieste di aiuto del ferito e ha chiamato la polizia. La comunicazione via radio viene subito captata dagli agenti dell’Investigativa del commissariato Lambrate, coordinati dal vicequestore Nunzio Trabace: i poliziotti di via Maniago vedono quei tre e li rincorrono, riuscendo a bloccarne due. Addosso non hanno più nulla: strada facendo si sono disfatti del bottino, che poi verrà recuperato e restituito al legittimo proprietario.
Il quarantatreenne ha il volto tumefatto e viene medicato sul posto dai sanitari del 118; sarebbe necessario il ricovero in pronto soccorso per un esame medico più approfondito, ma lui si rifiuta di andare in ospedale per paura di contrarre il Covid-19. I due minorenni, entrambi di 17 anni, confermano: "Sì, stiamo stati noi", anche perché sarebbe difficile negare l’evidenza. E il terzo complice? Gli agenti lo stanno ancora cercando. Riaffidati ai genitori e messi ai domiciliari, giovedì i baby rapinatori, che vivono dalle parti di viale Monza, si sono presentati davanti al giudice del Tribunale dei minorenni; al termine dell’udienza, uno è stato affidato a una comunità, mentre l’altro è stato sottoposto alla misura cautelare della permanenza presso l’abitazione familiare.