L’anno della strage degli alpinisti: la montagna s’è presa i migliori

La morte sul Bianco di Pasquetto e quella di Bernasconi, entrambi reduci dalla spedizione in Patagonia. Lo choc dei Ragni di Lecco

Morto in montagna (foto di repertorio)

Morto in montagna (foto di repertorio)

Milano, 9 agosto 2020 - Sembra che non possa mai accadere nulla di grave a degli alpinisti abituati a muoversi con familiarità sul granito verticale della Patagonia, fra torri di ghiaccio e un vuoto che toglie il fiato e invece, in un anno a dir poco anomalo, il mondo della montagna si trova a fare i conti con la scomparsa di alcuni dei suoi scalatori più forti.

È successo ancora una volta venerdì sulle Grandes Jorasses, tempio dell’arrampicata del Monte Bianco, quando Matteo Pasquetto, aspirante guida alpina di Varese, che aveva appena aperto una nuova via sulla parete Est è precipitato mentre era sulla strada del ritorno lungo la cresta Reposoir. Era in compagnia di Luca Moroni e di Matteo della Bordella, presidente dei Ragni di Lecco, varesino anche lui e suo compagno di cordata durante alcune bellissime avventure vissute proprio in Patagonia durante l’ultimo inverno. Di quella cordata delle meraviglie che puntava anche ad aprire una nuova via sul Cerro Torre faceva parte anche Matteo Bernasconi, comasco, anche lui ragno, scomparso in primavera sotto una valanga mentre faceva scialpinismo sulle Orobie valtellinesi appena libero dal lockdown. Una sequenza che lascia senza parole il loro folto gruppo di amici che ha un riferimento ai piedi della Grignetta e del Resegone.

Succede in un anno davvero strano, in cui alpinisti professionisti come loro sarebbero dovuti essere in giro per il mondo a tentare pareti inviolate e invece, a causa del Covid, sono stati costretti a spostare la loro fantasia sulle montagne di casa. Una tragica sequenza. Alla fine di giugno in montagna ha perso la vita Saverio Ghilardi, ventisei anni di Romano di Lombardia (Bergamo), precipitato mentre scalava sull’Adamello. A perdere la vita nel territorio Lecco è stato Paolo Carlesi, 31enne caduto dal Grignone in febbraio. Figlio di Piero Carlesi, ex direttore generale del Club alpino italiano dal 1995 al 1999 e membro del Comitato scientifico del Club alpino italiano, stava risalendo con un amico un canale di ghiaccio, sulla parete Ovest, quando è all’improvviso è precipitato senza scampo.

Sempre sulle stessa montagna ma sul versante Nord, quello della Fasana, aveva perso la vita in gennaio anche Marco Cattani, 30 anni di che viveva a Strozza, piccolo centro della Valle Imagna. È precipitato mentre si ritrovava a circa 1.300 metri di quota durante la salita della via dell’Inglese e anche per lui non c’è stato scampo. La sua piccozza era rimasta in parete per giorni prima che la famiglia rivolgesse un appello a tutti gli alpinisti per recuperarla come ricordo di Marco. Sempre in gennaio aveva perso la vita anche Lorenzo Castelli, 47 anni, di Cernusco sul Naviglio, nel Milanese, morto sul colpo in fondo a un dirupo dopo essere scivolato dalla cascata di ghiaccio che aveva scalato con altri cinque amici, in cordata, a Poschiavo, in Svizzera. Il 21 gennaio, a 71 anni, era infine morto Riccardo Torri, di Lecco, impegnato su un percorso ai Piani di Bobbio.  

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