THOMAS FOX
Cronaca

Case a prezzi bassi e investimenti redditizi: perché una cosa non esclude l’altra

Presentato il rapporto Ccl-Lum: analizzati i possibili sviluppi virtuosi del mercato immobiliare milanese, oggi segnato da una forte iniquità

CANTIERE

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Milano, 29 novembre 2024 – Costruire case a prezzi calmierati lascia quasi inalterata la redditività dell’investimento, garantendo profitti comunque elevati. E offrendo una soluzione all’emergenza abitativa che Milano si trova ad affrontare. È quanto emerge dal rapporto di Consorzio cooperative lavoratori (Ccl) e Libera unione mutualistica (Lum), a firma di Alessandro Maggioni, architetto, urbanista e presidente di Ccl Milano.

Il documento

Ieri la presentazione del dossier, intitolato L’iniquità dello sviluppo immobiliare residenziale a Milano. Iniquità che è sotto gli occhi di tutti: come riporta l’Osservatorio casa abbordabile, fra 2015 e 2021 i prezzi medi di vendita in città sono cresciuti del 41% e i canoni di locazione del 22%, ma le retribuzioni solo del 13%.

Le conseguenze sono drammatiche: ampie fasce di lavoratori sono obbligati a lasciare una città che non possono più permettersi. A perderci è tutto il sistema-Milano, in termini di competitività e attrattività.

Di qui l’obbligo di riflettere sul tema. A partire da una nota presentata da Carlo Cottarelli, confutata dal rapporto Ccl-Lum. Correggendo alcuni dati di input ritenuti imprecisi, Maggioni elabora alcuni piani economici, calcolati su una superficie lorda compresa fra i 5mila e i 10mila metri quadri. I risultati sono sorprendenti.

Quanta edilizia convenzionata?

In primis, in aree a mercato normale è sostenibile una quota di Edilizia convenzionata ordinaria, cioè case a prezzo regolato accessibili senza requisiti soggettivi, che può arrivare al 30% della superficie. Ma c’è di più: in aree a mercato forte, dove i costi di vendita sono superiori a 6mila euro al metro quadro, è sostenibile pure una quota di Edilizia residenziale sociale (Ers), che a differenza dell’ordinaria richiede requisiti soggettivi, ad esempio in termini di reddito.

In questi casi, l’idea è quella di destinare almeno il 20% della superficie in Ers, e massimo il 10% in ordinaria. “Non è vero che per avere case abbordabili sia necessario un supporto di denaro pubblico - commenta Maggioni - Con una moderata regolazione dei processi e un’equa redistribuzione delle rendite si può contribuire a realizzare case che possano rispondere alle esigenze dei lavoratori”.

Il tema resta cruciale. Perché la città non è un fondo di investimento, ma “il luogo dove le persone vivono - conlude Maggioni - Ed è interesse di tutti che possano vivere, per l’appunto. Non sopravvivere”.