Milano, aggressione sessuale sul treno: trentenne salvata dai passeggeri

Bovisa, sul regionale: "Ora stai zitta". Poi le urla e la fuga sui binari: l’uomo fotografato con un cellulare

Sul posto la Polfer

Sul posto la Polfer

Milano - La donna che si prepara a scendere alla sua fermata, distratta da una telefonata. L’uomo che la sorprende alle spalle e inizia a palpeggiarla con insistenza. Lei che si volta di scatto e vede l’aggressore che avvicina l’indice della mano destra alle labbra: "Ora stai zitta", le fa segno più volte. Poi le urla disperate per chiedere aiuto e il provvidenziale arrivo di altri passeggeri, che riescono a mettere in salvo la vittima. La sequenza choc, che rilancia ancora una volta l’allarme sicurezza sui mezzi di trasporto, è avvenuta qualche minuto dopo le 20.30 di sabato scorso a bordo del treno regionale numero 83 partito dalla stazione ferroviaria di Cadorna e diretto a Laveno Mombello, in provincia di Varese. Una trentenne italiana, che si è trovata in pochi secondi nelle mani del violentatore, ha presentato denuncia il giorno dopo, fornendo, secondo quanto risulta al Giorno , un identikit piuttosto dettagliato del fuggitivo: un metro e 70 di altezza, presumibilmente di origini asiatiche, calvo, barba nera, vestito con una tuta blu con fasce bianche e rosse e scarpe da ginnastica di colore chiaro. Di più: ci sarebbe agli atti anche una foto dell’aggressore, scattata con lo smartphone da un capotreno in quel momento fuori servizio.

La serata di paura della donna inizia poco dopo la partenza da Cadorna, alle 20.39: la sua destinazione è Bovisa, il viaggio sarà brevissimo. È da sola nella carrozza e sta parlando al telefono con un amico. Un paio di minuti prima di scendere, la trentenne si alza e si avvicina alle porte d’uscita. Ed è in quel momento che percepisce una presenza, spuntata dal nulla: in un attimo, l’uomo le è addosso, la palpeggia e le ìntima di non dire una parola. Pur terrorizzata dal blitz inatteso, lei non si perde d’animo e inizia a urlare con tutto il fiato che ha in corpo, sperando che qualcuno le vada in soccorso. Alcuni passeggeri di altre carrozze capiscono che sta succedendo qualcosa di grave e si avvicinano a passo svelto, mettendo così in fuga l’aggressore. La trentenne fa di più: va in cerca del capotreno per segnalare quanto accaduto e ne intercetta uno libero dal servizio; che, senza esitazione, accompagna la donna sul luogo del raid, per poi allertare la Polfer. Alla fermata Bovisa, però, l’uomo scende e riesce a scappare tra i binari, prima dell’arrivo dei poliziotti.

Secondo la descrizione fornita dalla vittima, messa nera su bianco nella denuncia per violenza sessuale, potrebbe avere un’età compresa tra 35 e 40 anni. Un episodio molto simile era avvenuto poco più di un mese fa, il pomeriggio del 2 giugno: nel mirino era finita una ventiquattrenne, salita a Milano sul treno S13 per trascorrere la domenica con alcuni amici a Pavia. All’improvviso, un coetaneo ivoriano si era avvicinato alla ragazza e aveva provato ad abusare di lei, per poi prenderla a schiaffi e rapinarla della borsetta; anche in quel caso, la veemente reazione della vittima aveva attirato l’attenzione degli altri pendolari, che erano intervenuti per liberarla dalla morsa. Due di loro in particolare, due ragazzi originari della Sierra Leone, erano riusciti a fermarlo e a consegnarlo ai carabinieri della stazione di Locate Triulzi, nel frattempo avvisati dal capotreno.

Lo stesso giorno , attorno alle 18, era infine andata in scena la "mezz’ora da incubo" di sei adolescenti di 16 e 17 anni, accerchiate e molestate dal branco mentre si trovavano sul treno regionale 2640 Verona-Milano, preso a Peschiera del Garda per tornare a casa dopo una giornata di divertimento trascorsa a Gardaland. Le minorenni, che l’indomani erano state accompagnate dai genitori negli uffici della Polfer della Centrale per presentare denuncia, si erano ritrovate letteralmente in balìa di una trentina di coetanei, quasi tutti nordafricani o italiani di seconda generazione, reduci dal raduno trap convocato via Tik Tok sulle spiagge di Peschiera. "Eravamo circondate. Il caldo era asfissiante, alcune di noi sono svenute – il drammatico racconto delle giovanissime vittime –. Mentre cercavamo un controllore avanzando a fatica lungo i vagoni, quei ragazzi ci palpeggiavano il sedere e altre parti del corpo. Ridevano. Ci dicevano “le donne bianche qui non salgono“".

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