MARIANNA VAZZANA
Cronaca

A settembre l’incontro: “Marta non gli avrebbe mai dato le sue chiavi”

I racconti degli inquilini. Due persone sole e in cura, avevano pochi rapporti con le famiglie. Lui conosciuto nel quartiere per i suoi modi sempre aggressivi. La lunga scia dei femminicidi

A settembre l’incontro: "Marta non gli avrebbe mai dato le sue chiavi"

A settembre l’incontro: "Marta non gli avrebbe mai dato le sue chiavi"

Milano, 22 ottobre 2023 – Telefono spento, casa vuota, porta chiusa dall’interno. Nessuno sapeva più che fine avesse fatto Marta Di Nardo, 60 anni, sparita dallo scorso 4 ottobre. Finché i carabinieri non hanno trovato il suo corpo fatto a pezzi a casa del vicino, Domenico Livrieri, di 46 anni, che abitava nella palazzina di fronte.

Il contesto è quello dei caseggiati Aler in zona Acquabella dove tanti vivono ai margini, in condizioni di povertà e con problemi (anche) psichici. Il caso di entrambi: di Marta e di Domenico, tutti e due seguiti dal Cps, Centro psico sociale. Si erano conosciuti a settembre e avevano allacciato un legame che per la donna è stato fatale. Due solitudini intrecciate: il figlio di lei, che vive fuori Milano, la vedeva a intermittenza e ne ha denunciato l’allontanamento il 17 ottobre, dopo aver saputo dal Cps che la donna era irreperibile. E anche Domenico, è emerso, con i suoi fratelli aveva pochi rapporti.

Ma se Marta Di Nardo viene descritta da chi la conosceva come "innocua", "chiedeva soldi nel quartiere, qui la conoscevano tutti. Poi però se li giocava al gratta e vinci e alle slot" nessuno parla bene di Domenico Livrieri. Nel caseggiato popolare era conosciuto per i suoi modi aggressivi. Dopo la scomparsa di Marta, alcuni vicini si erano insospettiti vedendolo entrare e uscire a piacimento dall’alloggio della donna. “Marta non gli avrebbe mai lasciato le chiavi”, ha raccontato un’inquilina.

I precedenti

Un contesto che ricorda quello di via Panigarola 8, al Corvetto, dove lo scorso 25 aprile è stato trovato morto Piero Luigi Landriani, sessantanovenne assegnatario di un alloggio popolare. Accoltellato. Secondo una prima versione fornita dalla convivente brasiliana Andrèina Cristina Nascimento, di 49 anni, i responsabili sarebbero stati due pusher marocchini per un debito di 70 euro. Una storia ritenuta fin da subito poco credibile dalla Squadra Mobile, che meno di un mese dopo ha arrestato la donna insieme al compagno Giovanni Iuliano: ad accoltellare per più di dieci volte il sessantanovenne sarebbero stati proprio loro due.

Sofia e Zakaria

Ancora più preoccupante la scia di sangue dei femminicidi. Lo scorso 29 luglio era stata uccisa Sofia Castelli, a Cologno Monzese. Una vita spezzata a 20 anni dal suo ex fidanzato Zakaria Aqaoui, che si è nascosto in casa sua aspettando che lei tornasse dalla discoteca per poi accoltellarla nel sonno. Non è riuscita neppure a difendersi.

Giulia e Alessandro

E due mesi prima (era il 27 maggio) era toccato a Giulia Tramontano, ammazzata a 29 anni, incinta al settimo mese del suo Thiago. A colpirla con 37 fendenti è stato il fidanzato Alessandro Impagnatiello che poi ha fatto sparire il corpo. L’autopsia ha poi svelato che Giulia sia morta dissanguata e che Impagnatiello aveca cercato di avvelenarla con topicida fin dall’inizio della gravidanza.

Femminicidi

Andando indietro nel tempo, altri femminicidi. Come quello del 12 gennaio del 2017: Raimondo Marcarelli, allora trentaduenne, aveva ucciso a colpi di bottiglia la cinquantacinquenne Tiziana Pavani nell’appartamento di lei in via Bagarotti 44, zona Baggio. L’uomo, che viveva nella stessa via con i suoi genitori, era stato fermato dopo un paio di giorni. Aveva raccontato che la donna, che lavorava come segretaria in un asilo della zona, gli doveva 2.450 euro da lui prestati in precedenza e che durante la serata avevano discusso di questo argomento mentre lui consumava cocaina.

Poi, nel cuore della notte, l’aveva colpita mentre lei dormiva in camera da letto, soffocandola infine con un cuscino. Ultima mossa: l’apertura dei rubinetti del gas sperando in uno scoppio che “cancellasse” eventuali prove ed è uscito dall’abitazione della donna con i suoi cellulari e il bancomat, per poi andare a prelevare. È stato condannato a vent’anni di reclusione.