'Ndrangheta, la prima donna al comando della 'Locale di Rho': "Vuoi che diventi cattiva?"

Il ruolo di Caterina Giancotti, persona di fiducia del clan e stratega che gestiva i debitori. Sorpresa durante uno scambio di droga, si rischia lo scontro fra famiglie: volete la faida?

«Se non sei qua per le otto e mezza c’è il pacco sorpresa...". "Ascolta, però non mi minacciare". "Io non sto minacciando". Caterina Giancotti aveva metodi spicci per trattare coi debitori: "Le regole le faccio uguali per tutti", diceva a chi chiedeva rinvii o dilazioni dei pagamenti. Forse per questo, Cristian Bandiera, figlio del boss settantaquattrenne Gaetano, l’aveva scelta per "coadiuvarlo nella direzione dell’organizzazione mafiosa", fino a cederle i compiti di "decisione, pianificazione e individuazione delle azioni da compiere e delle strategie da adottare" nel periodo in cui fu costretto a restare in quarantena nel carcere di Bollate.

Le donne della Locale di Rho

Nata nella barese Triggiano il 27 dicembre 1976 e già nota agli archivi delle forze dell’ordine per falsità materiale, insolvenza fraudolenta, falsa attestazione a pubblico ufficiale, rissa e favoreggiamento personale, il 2 marzo 2021 viene arrestata dagli agenti della Polfer di Monza, che, su indicazione dei colleghi della Mobile di Milano, la fermano dopo uno scambio: la donna ha appena ritirato 200 grammi di cocaina dopo aver pagato 5mila euro (la metà del dovuto) alla fornitrice Francesca Curinga, un’altra delle cinque donne arrestate ieri nell’operazione della Dda sulla Locale di Rho che ha contributo a declinare marcatamente al femminile, in maniera inedita per stessa ammissione dei pm, la consolidata presenza dei clan in Lombardia.

Il blitz 

Il blitz che porta in cella Giancotti rischia di scatenare uno scontro tra le due famiglie: "Dobbiamo fare una faida?", la frase captata dagli investigatori che sembra presagire la resa dei conti. Sì, perché Bandiera junior si convince che sia stata proprio "Franca", che fino al settembre 2020 ha lavorato in una struttura per anziani con un contratto a termine, a inguaiare la fidata collaboratrice: "Ha fatto apposta per fregarmi i soldi lei! Così dice agli albanesi (i fornitori, ndr) gli porto le carte, infatti lei chiedeva le carte, e si è fottuta i soldi... ha fottuto gli albanesi e a noi, si è presa 5mila euro". Giancotti, però, ha già un piano, che denota una volta di più la sua spregiudicatezza: pensa di chiamare la rivale e di intimarle la restituzione immediata del denaro, altrimenti "prendo e dico che sei stata tu" alla polizia.

Le intercettazioni

La tensione sale, tanto che dovranno intervenire Bandiera senior e Domenico Curinga (a sua volta arrestato nell’inchiesta "Fiori di San Vito" e pregiudicato per associazione mafiosa) per ricomporre a fatica la frattura, con surreali confronti telefonici che vivono di scontati convenevoli tra mammasantissima ("Io vi rispetto" "Vi ho sempre voluto bene") e di inattesi picchi d’ira ("Non mi rompere i c. chi c. sei?" "Io parlo al telefono perché non me ne fotte della galera..."). Del resto, per i Bandiera la Giancotti è una figura-chiave da proteggere a tutti i costi, un’irrinunciabile persona di fiducia che "non ha fatto i nomi" quando è finita dietro le sbarre. Una di cui fidarsi, insomma. Una che non esitava a mettere in riga chi sgarrava ("Vuoi che divento cattiva e io divento cattiva... allora vuoi fare lo stronzo, ok farò la stronza anch’io..."), mettendo pressione anche per conto terzi: "Vedete di mettervi d’accordo ( con Cristian, ndr ) – dirà a Vito Galati – che sennò quello fa la terza guerra mondiale con tutti".

 

 

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