ELVIRA CARELLA
Milano

Luca Argentero tra Doc, il teatro e le fiabe: “Non c’è sfida impossibile, il coraggio cambia la vita"

L’attore in tv e al Dal Verme: è raro riuscire a intercettare i gusti della gente. "Racconto tre storie avventurose (ma io mi riconosco in Alberto Tomba)"

Luca Argentero, 45 anni

Luca Argentero, 45 anni

Milano - In ‘Doc – Nelle tue mani’ Luca Argentero è un supereroe in camice bianco, ma anche l’uomo alla ricerca del passato dimenticato. Dopodomani (17 febbraio, ore 11.30) l’attore presenterà il suo libro ‘Stella Stellina’ alla Mondadori di piazza Duomo a Milano. Poi sarà al teatro Dal Verme (sempre il 17 febbraio, alle ore 21, e il giorno dopo, 18 febbraio, alle ore 17 e alle 20.30) sarà al Teatro Dal Verme con: “È questa la vita che sognavo da bambino?” (Stefano Francioni Produzioni).

Nello spettacolo cosa accomuna Malabrocca, Bonatti e Tomba?

"Hanno contribuito a rendere più chiaro il concetto di impossibile. La mia sfida iniziale poggia sulla domanda: ‘Com’è possibile che rivesta a 45 anni certi ruoli?’ Se mi avessero detto: ‘Tra 25 anni sarai lì…’. Avrei risposto: ‘Impossibile!’. Ma il termine non esiste. Serve un po’ di coraggio per affrontare le occasioni più improbabili e rendere la vita un’avventura. Tutti e tre l’hanno resa grande".

Perché ancora oggi la gente li ammira?

"Per me Luigi Malabrocca, sconosciuto ai più, e gli altri due, che hanno vinto nella storia delle loro discipline, rimangono figure immortali incastonate in un firmamento, a prescindere".

A chi va maggiormente la sua propensione?

"Ad Alberto Tomba. Ha fatto della simpatia un grande valore aggiunto. Oltre alle vittorie, ha sviluppato un’empatia totale con il pubblico".

Montagna e pedali al vento nello spettacolo. Quanto contano per lei i due sport?

"Non ho mai seguito molto il ciclismo. Mi sono innamorato della vicenda di Malabrocca in sé, un ciclista che correva per arrivare ultimo. Sembra una barzelletta; invece, è una delle storie più epiche del mondo sportivo. La montagna, invece, è il mio habitat, per tradizione".

In “Doc” Andrea Fanti dice: “Ogni volta che indossiamo un camice, ricordiamoci che, prima di essere medici, siamo persone che curano altre persone”.

"Sono d’accordo con la filosofia, che caratterizza la scrittura di Doc. È ovvio che il nostro reparto sia idilliaco, ma sono altrettanto certo che la nostra sanità pubblica sia un bene molto prezioso, un’espressione di democrazia, popolata da medici impegnati con l’anima ed il cuore. I problemi esistenti vanno risolti".

Come spiega il successo della serie tv?

"È basato su cose combinate un po’ magicamente, casualmente, per merito. Intercettare il gusto della gente è raro. È successo in Doc per la storia ed i personaggi giusti, in un momento storico corretto. Poi, c’è un messaggio fondamentale: prendersi cura degli altri. E tutti sentiamo l’esigenza che qualcuno si occupi di noi".

Quanto c’è di Luca Argentero in Andrea Fanti?

"Nella naturale empatia di Doc per i suoi pazienti, ho provato a metterci il mio spontaneo piacere di stare con gli altri e occuparmi delle persone care. Fanti ed io ci siamo felicemente incontrati. Stiamo bene vicendevolmente addosso".

In “Stella Stellina”, poi, Nina e Dudù ogni notte volano nel mondo dei sogni. È importante sognare?

"Contribuisce alla salute del nostro cervello. Un sonno regolare e sereno è una grande sfida. Ho scritto il libro, con mia sorella Francesca, perché Nina ha tanta voglia di vivere che il sonno le sembra quasi una punizione. Il mio messaggio è: “Non preoccuparti, amore mio. Quando chiuderai gli occhi, vivrai un’avventura ancora più fantastica, comunque un’avventura".

Sogno e fantasia sono importanti anche da adulti?

"Ne ho fatto un mestiere. È un privilegio giocare con la fantasia e la creatività".

È un famoso attore. È questa la vita che sognava da bambino?

"È molto meglio! Da bambino è impossibile sognare una vita così completa ed avventurosa".

Com’era da piccolo?

"Sorridente, cuor contento, per la mamma. Ho vissuto in un ambiente sereno, in una bella casa con un giardino, condizioni ideali per i bisogni di ogni bimbo".

I valori da trasmettere ai figli?

"Ora sto cercando di farli crescere serenamente. I bambini sono “bestioline”, che vivono di esempi, assorbono e imitano il nostro modo di comportarci".

E Caffè Onlus?

"Nasce 12 anni fa con alcuni compagni universitari, per restituire un po’ della fortuna ricevuta. Lo spunto risale alla tradizione napoletana, il caffè sospeso, rendendolo una piattaforma digitale. Offriamo un simbolico caffè, dando la possibilità di lasciarne uno pagato, per un progetto solidale, a favore di 52 associazioni l’anno, una a settimana".

Milano e Roma a confronto.

"La prima è più piccola, comoda ed efficiente. Roma più complessa, scomoda, ma affascinante, con un clima migliore. In entrambe stiamo bene. In campagna, poi, felice alternanza".

Il nuovo a Milano.

"È la proiezione di città futura, uno dei pochi luoghi in Italia, in cui è possibile innovare".

Il colore della città?

"Di un argento luccicante, come l’acciaio delle nuove strutture proiettate verso il cielo".