
Il report 2024 dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro della Provincia di Lodi sarà pubblicato in forma integrale nei prossimi giorni sul sito internet dell’ente
Lodi – È diminuito il tasso di disoccupazione nel Lodigiano, passato dal 4,1% al 2,6% secondo quanto contenuto nel report 2024 dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro della Provincia di Lodi, ma contestualmente è calata anche la percentuale di occupazione. Un trend con due fattori che apparentemente sono diversi e contrari e che dipingono in chiaroscuro la situazione relativamente al mondo del lavoro e del suo impatto sulla popolazione. L’Osservatorio garantisce, sulla base di fonti Istat, un’analisi che poi serve a pianificare e monitorare le dinamiche che interessano il mercato del lavoro. Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, il calo percentuale del Lodigiano è stato una delle cinque migliori performance fra tutte le Province italiane.
Relativamente invece al tasso di occupazione, nel 2024 l’indicatore espressione del rapporto tra il numero degli occupati e la popolazione in età lavorativa è arrivato ad attestarsi al 65,8%, in calo di 1,5 punti rispetto al 2023.
A trascinare verso il basso il trend, sono soprattutto le donne visto che il calo, l’anno scorso, è stato vistoso: 4,5%, solo in parte contenuta da una crescita della componente maschile (più 1,4%). Per quanto riguarda invece il tasso di attività, cioè il rapporto tra la forza lavoro e la popolazione attiva, quest’ultimo è calato di 2,7 punti, passando dal 70,2% al 67,5%: anche in questo caso la diminuzione si concentra principalmente sulla componente femminile, il cui tasso passa dal 62,2% al 57% (meno 5,2 punti), mentre quello maschile resta sostanzialmente stabile (77,7% rispetto al 77,8% del 2023). È la forza lavoro ad aver registrato una discesa rispetto al 2023 di quasi il 3%, partendo da 105mila fino ad arrivare a 102mila unità con una riduzione in termini assoluti di 3mila unità che si è concentrata interamente sulla componente femminile (passata così da 45mila a 42mila).
In questo caso, una componente di una certa rilevanza di questo dato preoccupante potrebbe essere quella dei giovani “neet”, vale a dire persone di età compresa tra 15 e 29 anni che non lavorano, non studiano né dedicano il loro tempo alla formazione.