Lodi: infermieri in corsia, la grande fuga. "Personale esausto"

Il presidente dell’Ordine: "Poche tutele e turni troppo stressanti"

Pasqualino D’Aloia, 64 anni presidente dell’Ordine degli infermieri di Lodi, Milano e Monz

Pasqualino D’Aloia, 64 anni presidente dell’Ordine degli infermieri di Lodi, Milano e Monz

Lodi - Turni stressanti e pochi riconoscimenti. Nel Lodigiano sono stati la prima linea nell’ondata del virus. Dal 20 febbraio 2020, giorno della scoperta del primo caso di Covid all’ospedale di Codogno, per il personale infermieristico dei presidi ospedalieri lodigiani, e non solo, è iniziato un vero e proprio incubo fatto di turni massacranti. Sono passati quasi due anni e continua la fuga dagli ospedali del Lodigiano da parte di infermieri e Oss. Solo l’ultimo “addio“ pochi giorni fa, con un addetto di alto livello che ha deciso di lasciare l’ospedale di Lodi. Ma tra questi ci sono anche tanti che preferiscono cambiare aria, magari spostandosi in altri presidi (soprattutto a Piacenza e Crema).

Tra i tanti motivi che spingono gli infermieri a lasciare la propria azienda o addirittura a cambiare vita c’è anche il problema legato al burnout, lo stato di esaurimento sul piano emotivo, fisico e mentale. Una sindrome che, soprattutto con l’emergenza Covid, ha convinto chi lavora nella trincea degli ospedali a mollare tutto.

"Gli infermieri lodigiani, ma anche di altri ospedali, sono stanchi – testimonia il presidente dell’Ordine degli infermieri di Lodi, Milano e Monza Brianza, Pasqualino D’Aloia, che in tutto il territorio lodigiano rappresenta circa 1.500 infermieri –. Il personale infermieristico, visti i carichi di lavoro, i mancati riconoscimenti e la impossibilità di fare carriera, sempre più spesso sta pensando di cambiare lavoro o di dirigersi all’estero, in Svizzera soprattutto. Siamo in una situazione critica perché rischiamo di restare senza personale".

Il fenomeno non sarebbe legato solo a un riconoscimento economico al personale che ancora oggi sta combattendo nei reparti contro il virus. "Spero che tutta questa drammatica emergenza sanitaria possa essere un punto di partenza per riconoscere finalmente il ruolo che tutti gli operatori sanitari hanno dimostrato di meritare – dice ancora D’Aloia –. Ma il problema non è solo di natura economica. Servono più tutele e luoghi di lavoro dove sono garantiti ricambi e turni meno stressanti".