PAOLA PIOPPI
Cronaca

La vicenda Sicuritalia Le paghe sotto la lente

L’Ispettorato di Como contesta una sanzione che supera gli 8 milioni "Inadeguatezza delle retribuzioni e insussistenza dello stato di crisi".

La vicenda Sicuritalia Le paghe sotto la lente

di Paola Pioppi

"Inadeguatezza delle retribuzioni, tali da non garantire un’esistenza libera e dignitosa, e insussistenza dello stato di crisi". Sono le conclusioni che hanno portato l’Ispettorato del lavoro di Como a contestare una sanzione da 8 milioni e 300mila euro alla Servizi Fiduciari Coop di Como, società del gruppo Sicuritalia, a cui è stata applicata l’amministrazione giudiziaria su disposizione del gip di Milano. La verifica dell’Ispettorato risale a fine dicembre ed è scaturita da segnalazioni delle organizzazioni sindacali e da richieste degli stessi lavoratori. Era arrivata a contestare criticità su due fronti.

Il primo relativo allo stato di crisi deliberato dalla società a maggio 2017 per il quadriennio successivo, che aveva determinato "una riduzione dei trattamenti economici e condizioni di competitività tali da consentire di diventare il maggiore player nazionale" nel settore della vigilanza privata e dei servizi, con contratti con una quantità di società su tutto il territorio nazionale.

Ma secondo gli ispettori, dall’esame dei bilanci e degli altri elementi relativi agli esercizi del quadriennio sarebbe emersa la "difficoltà a configurare lo stato di crisi", scaturito non "dalla presa d’atto di una situazione di difficoltà finanziaria", ma dall’incremento del costo del lavoro. Passando poi a esaminare le retribuzioni del personale dipendente, che sarebbero avvenute "in misura inferiore ai livelli minimi previsti dalla contrattazione collettiva, sulla scorta del piano di crisi aziendale". Il conto finale ha quantificato in 5 milioni e 300mila euro di contributi e 3 milioni di sanzioni quanto dovuto all’Inps.

A tale contestazione la società ha fatto ricorso al Tar, ottenendo la sospensiva in attesa di fissare l’udienza per entrare nel merito. Oltre a sostenere l’effettivo stato di crisi, dicono, non esisterebbe nel nostro ordinamento "un precetto che imponga al datore di lavoro di applicare un determinato contratto collettivo nazionale", citando sentenze emesse da altri Tribunali a loro favore.