
Giovani musulmani in piazza della Vittoria
Lodi, 19 novembre 2015 - I Giovani musulmani di Lodi hanno le idee chiare sul fatto che terrorismo di matrice islamica e fede non possono essere ritenute la stessa cosa. «Il Corano è un libro di pace», assicura la 20enne Hala Ibrahim. In questi giorni i musulmani lodigiani hanno espresso solidarietà per le 129 vittime degli attacchi dello Stato Islamico di venerdì a Parigi. Alcuni di loro, già sabato pomeriggio, hanno partecipato al momento di riflessione organizzato sotto i portici del Broletto per unirsi al dolore e condannare gli attentatori.
Una tragedia che non ha colpito solo i francesi. Per questo la volontà è di stringersi, al più presto, in un abbraccio interculturale con i lodigiani. «Faremo un incontro con tutti i rappresentanti dell’associazione sabato pomeriggio e decideremo quando scendere in piazza – spiega la giovane Hala –. Non bisogna assolutamente confondere il terrorismo con l’islamismo. Non è la stessa cosa. Quello che è scritto nel Corano non è quello che viene applicato dagli uomini dello Stato Islamico. Come Giovani musulmani di Lodi siamo contrari a quello che sta succedendo. La nostra è una condanna ferma e decisa. Chi dice che tutti i musulmani sono terroristi ci offende».
Il gruppo dei Giovani musulmani di Lodi, sotto la guida dell’imam Mohamed Anwar, è attivo ufficialmente da fine marzo. La loro sede è all’interno del centro culturale Al Fath in via Lodi Vecchio. Una realtà in costante crescita, che vanta oggi più di trenta adesioni. I ragazzi sono tutti di età compresa tra i 15 e i 25 anni. Donne e uomini, tutti nati e cresciuti a Lodi. E con ottima conoscenza delle nostre tradizioni e della nostra cultura.
«Vogliamo che i musulmani italiani possano continuare a convivere pacificamente con la comunità – dice Alorabi El Sayed, egiziano di 23 anni residente a Lodi –. Non possiamo accettare che il terrorismo venga confuso con l’Islam. Esiste ancora tanta disinformazione purtroppo. Tra le vittime degli attacchi infatti ci sono sia cattolici che musulmani che atei. Nessuna distinzione di religione è stata fatta per queste persone innocenti, che si trovavano nei luoghi della strage. Per questo diventa di fondamentale importanza informare, divulgando anche quello che è davvero scritto nel Corano. Il terrorismo non ha religione, colore o nazionalità, questi folli delinquenti usano ingiustamente il nome di Allah. Puntiamo alle future generazioni per riuscire a creare solide basi per favorire la pace».