CARLO D'ELIA
Cronaca

Donna uccisa in corso Mazzini, l’egiziano: "Non sono stato io"

Lodi, il 37enne imputato è stato interrogato dal procuratore e dai pm

Nel riquadro nero Moussad Attia Mohamed Hassane, in quello rosso Antonia D'Amico

Lodi, 9 luglio 2015 - Moussad Hassane Attia Mohamed, egiziano, 37enne, ha negato di essere l’autore dell’omicidio di Antonia (conosciuta anche come Antonella) D’Amico, la donna di 54 anni, con cui aveva una relazione segreta da sette anni, trovata senza vita, attorno alle 17 di domenica 17 maggio, nel suo appartamento di corso Mazzini 76 da uno dei suoi figli. Il presunto assassino, arrestato all’aeroporto di Roma Fiumicino appena 36 ore dopo l’omicidio mentre tentava di imbarcarsi per l’Egitto con il passaporto scaduto, è stato interrogato, ieri mattina, nel carcere della Cagnola, dal procuratore capo Vincenzo Russo e dai pm Nicola De Caria ed Emma Vittorio, che hanno finora coordinato le indagini condotte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri col supporto della Questura. L’unico indiziato della morte di Antonia D’Amico ha provato a ripercorrere i fatti prima e dopo l’omicidio: dal suo arrivo a Lodi, appena uscito dal Cie, Centro per l’Identificazione e l’Espulsione di Bari, nella mattinata di sabato 16 maggio, alla discussione con la donna - che secondo la procura di Lodi - sarebbe culminata con l’aggressione con corpi contundenti, che avrebbe causato la morte della D’Amico.

«Il mio assistito ha risposto a tutte le domande degli inquirenti – spiega l’avvocato difensore del presunto assassino, Raimonda Aliu –. Ha dichiarato di aver amato tantissimo quella donna. La relazione con Antonella D’Amico durava da oltre sette anni. Per stare con lei aveva rinunciato a praticare la religione musulmana. La sera dell’omicidio voleva farle una sorpresa dopo essere uscito dal Cie di Bari, dove era stato accompagnato dalle forze dell’ordine in seguito alla doppia denuncia presentata nel mese di febbraio. Davanti al procuratore capo Vincenzo Russo ha negato di essere l’autore dell’omicidio della D’Amico». Le indagini proseguono e tra i corridoi della procura di Lodi vige il massimo riserbo. Nessuna traccia dell’arma del delitto (un cacciavite o uno stiletto, lungo almeno 15 centimetri, ndr) che secondo il referto dell’esame autoptico sul corpo della donna era stata utilizzata per compiere l’efferato delitto.

La procura sta aspettando gli esiti del sopralluogo fatto all’interno dell’appartamento dai Ris di Parma. Secondo gli inquirenti le prove nei confronti dell’egiziano sarebbero schiaccianti. L’uomo, secondo l’accusa, dopo aver compiuto il terribile omicidio, sarebbe rimasto nella residenza della vittima, fino alle 6 del mattino di domenica e, probabilmente, vi aveva fatto ritorno attorno all’ora di pranzo. Era ripartito poi da Lodi, in treno, alla volta di Roma attorno alle 20 di domenica 17 maggio, mentre i figli della donna, Rocco e Luigi Mazza, avevano appena scoperto il corpo senza vita della madre nudo nel suo letto.