Elena, l’ultimo viaggio in Svizzera Cinque chiamate al giorno per morire

La stima di Exit, associazione che si occupa dei malati italiani: 50 persone all’anno, metà della Lombardia

MILANO

di Annamaria Lazzari

Sono circa centocinquanta al mese in media le chiamate che arrivano al numero bianco dell’associazione Luca Coscioni, attivato per indicare le scelte percorribili anche a chi reclama un fine vita. "Ascoltiamo storie di grande dolore e sofferenza, con percorsi ad ostacoli per trovare strutture adeguate e vedere rispettata la propria volontà. A volte queste persone, che già soffrono a causa di malattie insopportabili, devono intraprendere una vera e propria lotta" afferma Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’associazione Luca Coscioni.

Sono invece circa 350 i contatti ricevuti al mese da Exit Italia, associazione che dal 1996 ha iniziato ad alimentare il dibattito sull’eutanasia nel nostro Paese. "Sono persone disperate, che vogliono farla finita. Soffrono di varie tipologie di sclerosi o di cancro al cervello o al pancreas, la maggior parte proviene dalla Lombardia, in testa Milano" dice Emilio Coveri, presidente di Exit Italia che ha 5.086 iscritti, di cui quasi mille in Lombardia. "Tutti i nostri associati hanno depositato un testamento biologico e noi facciamo da garanti sulle loro volontà" aggiunge. "L’associazione invece non accompagna nessuno in Svizzera. Invitiamo chi è interessato ad andare su internet. In Svizzera ci sono quattro associazioni, a Basilea, Berna e Zurigo, che accettano gli stranieri per accompagnarli alla morte medicalmente assistita. Ma occorre spendere almeno 10mila euro". In media a fare questa scelta "sono 4050 persone all’anno, la metà della Lombardia".

Il numero bianco dell’associazione Coscioni è nato in collaborazione con Valeria Imbrogno, psicologa ed ex compagna di Dj Fabo, che oggi gestisce l’organizzazione e la formazione dei volontari. Sono oltre venti volontari a rispondere a tutta Italia a domande sul testamento biologico, sulle cure palliative, l’interruzione delle terapie e l’eutanasia. "Suppliamo alle mancanze dello Stato. Sulla possibilità di redigere il biotestamento per dire non c’è mai stata alcuna campagna informativa da parte del Governo" dice l’avvocato Gallo. E poi ci sono le richieste per l’accesso al fine vita. In Italia, dopo la sentenza 2422019 della Corte Costituzionale sul caso CappatoDj Fabo, il suicidio medicalmente assistito è possibile e legale in determinate condizioni della persona malata che ne fa richiesta: persona affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, e tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Requisiti riconosciuti a “Mario”Federico Carboni, il primo caso di suicidio assistito in Italia spentosi a 44 anni il 16 giugno. Diverso invece il caso di “Evelina”Elena, la 69enne veneta affetta da una grave patologia oncologica polmonare con prognosi infausta che ha scelto di porre fine alle sue sofferenze e ricorrere al suicidio assistito nel paese elvetico. Ad accompagnarla due giorni fa Marco Cappato, il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni. "Non essendo sottoposta a trattamenti di sostegno vitale non rispettava tutti i requisiti previsti dalla Corte Costituzionale, per questo è stata costretta ad andare all’estero per esercitare la sua libertà" puntualizza l’avvocato Gallo.

Servirebbe dunque una legge nazionale ma non, secondo l’avvocato Gallo, come il disegno di legge sul fine vita approvato alla Camera. Marco Cappato stamani andrà ad autodenunciarsi alla stazione dei Carabinieri in via Fosse Ardeatine 4 a Milano, rischiando fino a 12 anni di carcere per l’accusa di aiuto al suicidio.