Cyberbullismo a Lodi: "Il cellulare è un'arma che può distruggere delle vite"

Paolo Picchio, ha raccontato la storia della figlia Carolina, alla cui memoria è dedicata la fondazione che si occupa di questo fenomeno

Un episodio di bullismo

Un episodio di bullismo

Lodi, 13 aprile 2019 - "Il cellulare è un'arma che può distruggere delle vite". Questo il monito lanciato stamattina a Lodi da Paolo Picchio, papà di Carolina, la 14enne morta suicida nel 2013 cui è stata dedicata la Fondazione che, con i propri esperti, si impegna per far conoscere i rischi correlati al cyberbullismo. "Il bullismo lascia delle ammaccature ma torni a casa e ti puoi curare - ha detto Picchio -; ma il cyberbullismo ti buca dentro, ti isola, non mangi più, non dormi più la notte e arrivi a compiere atti di autolesionismo" - ha affermato, parlando prima ai genitori nell'aula magna della scula media don Milani, quindi in palestra agli studenti. "Un'immagine rimane in un server oltreoceano per 10 anni - ha sottolineato -. Circa il 30% dei ragazzi tra i 10 e i 16 anni, è vittima di casi di cyberbullismo. E sono proprio i genitori a regalare, in genere alla cresima, il cellulare agli adolescenti".

Dopo la morte di Carolina, ottenuta la prima condanna per questo genere di reato in Italia e in Europa, Picchio si è dedicato alla Fondazione, incontrando con i propri esperti 35 mila ragazzi di 300 scuole. Oggi l'incontro alla don Milani dopo il caso recente di una 13enne che ha minacciato il suicidio perché vittima di cyberbullismo. Ad oggi la Questura ha denunciato alla Procura minorile un 14enne per pedopornografia ed estorsione, mentre lo studente di un'altra scuola, un 13enne non imputabile, è stato segnalato, solo per la pedopornografia.

Proprio a Carolina è dedicata la legge sul cyberbullismo del 2017. "Abbiamo anche ottenuto - ha spiegato Picchio - che da quest'anno ci sia un docente referente di cyberbullismo in ogni scuola". L'avvocata Anna Livia Pennetta, che ha ottenuto le condanne per il caso Picchio, invita gli adolescenti vittime di cyberbullismo a parlare, rivolgendosi appunto ai docenti referenti, ad amici e familiari o al Questore (cui ci si può indirizzare anche senza genitore, se 14enni), che può ammonire il cyberbullo. L'educatore Marco Bernardi, della Fondazione Carolina, ha invitato genitori e ragazzi a 'trasferire' nella realtà virtuale le competenze di cui si è già in possesso nella vita reale: a partire dal diffidare degli sconosciuti. Con i no e le limitazioni all'uso del cellulare: "Perché dire ad un 13enne di non uscire la sera o di tornare per le 10 e poi lasciargli il cellulare per ore, senza parental control? Anche se è lì seduto accanto a voi, quando è sui social è come se fosse fuori, da solo, in una realtà piena di insidie e senza controllo. I ragazzi infatti capiscono che dovranno rispondere, ad esempio, di un brutto voto, mentre sanno che i genitori non conoscono la loro realtà virtuale".