Coronavirus, l'Asst di Lodi: "Il 'paziente 1' rifiutò il ricovero" all'ospedale di Codogno

Il 38enne ha rifiutato il ricovero dopo il primo ingresso al pronto soccorso. Ora è al Policlinico San Matteo di Pavia

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Casalpusterlengo (Lodi), 26 febbraio 2020 -  Sono stabili le condizioni di M.Y.M., il 'paziente 1' del coronavirus in Italia, che e' ricoverato al Policlinico San Matteo di Pavia. Il 38enne di Codogno, a quanto apprende l'Agi, non è stato estubato, quindi non e' ancora autonomo nel respiro. Le sue condizioni permangono critiche. Sta bene invece la moglie, ricoverata al Sacco, incinta all'ottavo mese.

Dg Lodi: "Paziente 1 rifiutò il ricovero"

Il direttore generale dell'Asst di Lodi ha deciso di fare chiarezza sul 'paziente 1'.  Il 38enne, ha riferito Massimo Lombardo, "si è presentato al Pronto soccorso dell'ospedale di Codogno una prima volta il giorno 18 febbraio senza presentare alcun criterio che avrebbe potuto indentificarlo come 'caso sospetto'' o 'caso probabile' di infezione da coronavirus secondo le indicazioni della Circolare ministeriale del 27 gennaio 2020: durante l'accesso in Pronto soccorso è stato sottoposto agli accertamenti necessari e a terapia; tuttavia decideva di tornare a casa nonostante la proposta prudenziale di ricovero".

"Nella notte tra i giorni 18 e 19 febbraio", ha ricordato ancora il Dg dell'azienda socio sanitaria territoriale lodigiana, il 38enne "si ripresenta al Pronto soccorso dello stesso ospedale (Codogno, ndr) per un peggioramento dei sintomi: viene quindi ricoverato nel reparto di Medicina dove il peggioramento delle condizioni cliniche ha determinato l'intervento del rianimatore la mattina del 20 febbraio e il contestuale ricovero in Rianimazione. A questo punto, parlando con la moglie, il rianimatore viene informato di una cena, svoltasi a fine gennaio, alla quale avrebbe partecipato il Caso 1 e dove era presente un amico rientrato dalla Cina".

"Ma anche quest'ultimo fatto, secondo i protocolli del ministero - ha tenuto a puntualizzare Lombardo - non classificava il Caso 1 come 'caso sospetto' o 'caso probabile'. Ciò nonostante, ha evidenziato il manager, il rianimatore ha eseguito il tampone sul giovane, attivando subito nell'ospedale di Codogno le procedure di protezione individuale dei medici e degli infermieri che hanno consentito un primo iniziale contenimento dell'infezione, dimostrando un'intuizione clinica per la quale merita l'ammirazione di tutti. L'immediata attivazione della Direzione medica e del medico competente ha permesso, una volta confermato l'esito positivo dell'esame, di estendere le misure di prevenzione all'intero ospedale e attivare l'Unità di crisi presso l'ospedale di Lodi". Lombardo ha aggiunto anche che "naturalmente siamo a disposizione di tutte le autorità competenti che vogliano verificare la correttezza del nostro operato".

Procura apre inchiesta

Nel frattempo, i carabinieri del Nas di Piacenza, su disposizione della procura di Lodi, hanno sequestrato all'ospedale di Codogno le cartelle cliniche del 'apaziente 1'. Lo si apprende da fonti vicine alle indagini. L'ispezione si è svolta anche negli uffici della Asst di Lodi. L'indagine a carico di ignoti "è apparsa doverosa, seppur con la consapevolezza che ogni eventuale responsabilità è tutta ancora da dimostrare nel pieno rispetto delle garanzie difensive", scrive in una nota la Procura di Lodi precisando che il fascicolo è stato aperto con l'obiettivo di "accertare eventuali responsabilità nella gestione di quello che allo stato sembra essere il paziente zero del più grosso focolaio dell`epidemia che ha determinato l`attuale situazione di emergenza sanitaria del Paese". L'inchiesta, prosegue la Procura, "è stata avviata d`ufficio, come consente la legge, a seguito delle concordanti informazioni giornalistiche che evidenziavano ritardi od omissioni nella gestione del predetto paziente e che hanno trovato conferma, proprio nella mattinata di ieri, nelle pubbliche dichiarazioni di un autorevolissimo esponente delle istituzioni". La Procura lodigiana inoltre esprime "piena solidarietà per quei sanitari dell`Ospedale di Codogno che sono da considerarsi vittime dell`eventuale reato commesso e che ancora oggi stanno encomiabilmente resistendo alle restrizioni imposte dalle autorità sanitarie". "L`indagine è d'altronde volta, in principalità, all'individuazione delle posizioni di garanzia alle quali era connesso l`obbligo di applicare la massima cautela nella gestione della struttura dopo la scoperta del contagio" conclude la nota.