
IERI E OGGI Ivan Cerioli al Giro del Lodigiano nel 1989. A destra, il ciclista durante un evento
Senna Lodigiana, 2 ottobre 2015 - Lascia il ciclismo perché doping e contratti non gli assicurano serenità, ma la sua esperienza diventa monito per tanti giovanissimi. È la storia del 44enne Ivan Cerioli che, sull’attenti davanti alla propria coscienza, ha preferito cambiare strada. Un itinerario di vita che, lasciato il ciclismo professionale, percorre comunque in bicicletta ma lascia spazio ai veri valori della vita molti dei quali li ha imparati praticando questo sport ad alti livelli. Sposato con Giovanna Leccardi, l’atleta ha due figli, Luca e Anna di 16 e 13 anni e vive a Senna Lodigiana «dove 40 anni fa sono salito sulla mia prima bici da corsa».
Riassuma la sua carriera.
«Quando ho iniziato avevo 6 anni e dai 7 a 12 ho corso nella categoria Giovanissimi della società del paese, G.S. Senna Omes con 120 vittorie. A 16 anni ero nella categoria Allievi dove è arrivata la prima maglia tricolore, inseguimento a squadre su pista, poi categoria Juniores e Dilettanti con 6 titoli italiani in pista, corsa a punti e inseguimento a squadre. Mi sono anche classificato terzo ai campionati mondiali di Lione, quarto alle Olimpiadi di Barcellona ’92 e a Barcellona ho battuto la Russia in semifinale con il tempo di 4’15’’151 con il record del mondo su pista scoperta, anche se dopo un ventina di minuti la Germania migliorò il record. Sono stato professionista dal 1996 al 1999 con la squadra Gewiss Ballan Gewiss Plybus Batik Delmonte Estepona, Spagna».
Lei era contrario al doping, inoltre era difficile assicurarsi contratti solidi. Quindi cos’ha fatto?
«Ho abbandonato il ciclismo per vari motivi. In primis perché non sono riuscito a vincere, è bastato qualche secondo posto alle spalle di Cipollini. Nel 1999 non sono riuscito a strappare un contratto che mi garantisse tranquillità economica ed essendo nato Luca, ho preferito l’attività di famiglia, una ditta di minuteria meccanica. Inoltre ero contrario al doping nella maniera più assoluta».
Lo sport le ha insegnato la lealtà?
«Il ciclismo mi ha insegnato a credere in me stesso, a non mollare mai, a lavorare sodo senza lamentarmi, a fissare degli obiettivi e dare il massimo per raggiungerli, a rispettare me stesso e gli altri e a non avere paura di nessuno. Doparsi per fare meglio non faceva per me, così meglio evitare».
Dopo cos’ha fatto?
«Adesso, dopo aver fondato un’associazione sportiva chiamata Asd sport frog Senna, insegno ai bambini a usare la bici e tra una pedalata e l’altra cerco di trasmettere loro valori sani che il mondo dello sport è in grado di offrire. Se ho tempo e voglia uso la bici nel fine settimana per rilassarmi e pensare a nuovi progetti».