PAOLA ARENSI
Cronaca

Operazione Second Generation, 26enne finisce in carcere dopo 5 anni

Il ragazzo faceva parte di banda di italiani e stranieri che teneva le redini del mercato della droga a Lodi e dintorni. La condanna è diventata definitiva: ora sconterà la sua pena

Polizia (foto archivio)

Cavenago, 14 maggio - Indagine Second Generation, per uno dei condannati arriva la pena definitiva e il ragazzo torna in carcere. La squadra mobile della questura di Lodi, al comando del vice questore aggiunto Alessandro Battista, ha raggiunto a casa H.M., detto David, di Cavenago, indagato e poi processato nell’ambito dell’indagine che a giugno 2010 ha portato le manette per 19 persone tra italiani e albanesi. L’albanese, classe 1988, ora deve scontare un residuo di pena di un anno e cinque mesi e così è stato rinchiuso nel carcere Cagnola di Lodi.

Era stato arrestato per estorsione e rapina ai danni di un italiano. L’operazione Second Generation aveva smantellato una banda che teneva in mano le redini del mercato della droga a Lodi e dintorni. Diciannove le ordinanze di custodia cautelare in carcere, a carico di giovani di età prevalentemente compresa tra 19 e 27 anni. In manette anche un 43enne, due 42enni e un 33 enne. Tredici albanesi e sei italiani. Era stata fermata anche una donna, albanese, ritenuta la cassiera della gang. I due boss dell’organizzazione invece, per la polizia, erano due fratelli albanesi, arrivati a Lodi fin da piccoli, residenti in città da oltre dieci anni. Sotto di loro, parenti e amici. Un sodalizio che, in base agli accertamenti delle forze dell’ordine trattavano circa mezzo chilo di cocaina a settimana. Per un giro d’affari da decina di migliaia di euro al mese.

Ogni 15, 20 giorni i capi della gang inviavano in Albania, 10 e 15mila euro. Là avevano iniziato a investire i proventi dell’attività illecita in case, terreni e altri immobili. In base all’indagine ci sarebbero stati tra 100 e 120 i clienti abituali: tra di loro impiegati di uffici pubblici e società private, giovani e insospettabili professionisti. Caratteristica di questa gang italo-albanese era quella di fare della violenza sistema: pestavano a sangue chiunque non riuscisse a saldare i debiti con loro. Questo arrivando persino a sequestrare i clienti a corto di soldi per alcuni minuti, costringendoli ad intestargli le loro auto per sdebitarsi.