
L'articolo de Il Giorno suglia arresti a Mediglia
Casalpusterlengo (Lodi), 11 dicembre 2020 - La stagione della lotta armata, della "rivoluzione", si era conclusa. Lui aveva di fatto "accettato" la sconfitta che lo "Stato borghese" aveva inflitto alle Brigate Rosse di cui si può dire con certezza sia stato uno dei fondatori. Ma Pietro (Piero) Bassi non si è mai pentito né dissociato. Non aveva chiesto sconti di pena quando fu arrestato nel 1974, senza aver sparato un colpo, nel blitz al covo di Robbiano di Mediglia, durante il quale rimase ucciso il maresciallo dei carabinieri Felice Maritano, freddato da Roberto Ognibene mentre stava tentando di fuggire. Bassi, 71 anni compiuti nel marzo scorso, nato a Casalpusterlengo, è morto nei giorni scorsi stroncato da un malore: è stato trovato senza vita lunedì nella sua casa milanese. Viveva da solo e in solitudine se n’è andato nella piena consapevolezza di un carattere non incline ai compromessi. Non aveva cambiato idea, la stessa da quando aveva iniziato a far politica nella sua Casale e a Lodi, al liceo Verri, "con la sua mente fine, da filosofo con un profonda capacità di pensiero e di sintesi", lo ricorda Francesco Cattaneo, amico e compagno di scuola. Bassi aveva fondato alla fine degli anni sessanta “La Comune” del Lodigiano, un collettivo politico e culturale legato all’esperienza di Dario Fo, che fu anche a Casale. "Ricordo quando collaborava con il giornale del Lodigiano già in seconda-terza liceo – ancora Cattaneo –. Era una mente precoce, dalle grandi capacità". Si iscrisse all’Università Statale di Milano ma la laurea in Filosofia non la conseguì mai. Non per scarse capacità, ma per scelta "politica". Sono quelli gli anni in cui Bassi passa alla clandestinità, da esponente della colonna lodigiana delle Brigate Rosse. Uno del nucleo originario, insieme all’amico e compaesano Piero Bertolazzi, ad Alberto Franceschini e Renato Curcio.
Sono questi ultimi a iniziare l’escalation nelle grandi fabbriche milanesi, dagli atti dimostrativi contro le auto al primo sequestro, quello di Idalgo Macchiarini, dirigente alla Sit-Siemens. Mezz’ora di "processo proletario" a bordo di un furgoncino Fiat il 3 marzo 1972. La prima volta di una foto con un rapito, il cartello con la stella a cinque punte. E una pistola puntata al volto. Un rituale che diventerà tragica quotidianità in quegli anni Settanta. Con Franceschini e Curcio, Bassi condivise la sbarra al primo maxi processo alle Br, che iniziò nel maggio del 1976 e che vide di fronte ai giudici 46 imputati, di cui 12 già detenuti. Fra quelli che erano già in cella, proprio Bassi, finito in manette insieme a Bertolazzi, in quella tragica notte del 14 ottobre del 1974, quando i carabinieri si appostarono fuori dal covo di via Amendola a Robbiano di Mediglia, e lo arrestarono per primo. Fu condannato per banda armata e la sua detenzione proseguì fino al 1991 con altri anni di carcere che gli furono aggiunti per le proteste dietro le sbarre. Nel settembre del 1987 a Cuneo in occasione di un processo, insieme ad altri brigatisti, diffuse un comunicato molto critico contro la “svolta” di Curcio e Moretti che avevano dichiarato chiusa l’esperienza della lotta armata e chiedevano una rivisitazione critica degli anni Settanta. A fine pena lavorò per una cooperativa fino alla pensione. Ora il corpo verrà cremato il prossimo 21 dicembre al cimitero di Lambrate, poi tornerà a Casalpusterlengo, dove le sue ceneri riposeranno per sempre accanto ai genitori e al fratello, scomparso la primavera scorsa.