Bancali a fuoco, dopo 10 mesi nessuna pulizia

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Le macerie del capannone completamente bruciato sono ancora lì da settembre, quando il rogo, in pochi minuti, distrusse la struttura situata nell’area produttiva a poca distanza dal tratto di provinciale 116 in territorio di San Fiorano. Le fiamme lambirono pure la chiesa del Lazzaretto, la piccola edicola votiva costruita nel 1721, che fu miracolosamente salvata: proprio in questi giorni, la tradizionale santa messa che si tiene sotto il porticato non può essere celebrata proprio per "l’inagibilità della zona", come recita un cartello affisso da alcuni volontari all’incrocio con via De Gasperi. Troppo pericoloso infatti arrivare sul posto con i resti del capannone bruciato nelle vicinanze. Il sindaco del paese, Mario Ghidelli, pochi giorni dopo il rogo, firmò un’ordinanza che obbligava il titolare a intervenire entro 45 giorni per pulire l’area. L’analisi del dopo rogo, infatti, aveva accertato che nel materiale combusto vi erano tracce di amianto contenute nella copertura del tetto.

"Ad oggi però è ancora tutto fermo e la pulizia dell’area non è ancora stata effettuata perché le indagini per capire le cause del rogo sono ancora in atto. Quando saranno terminate, sarà programmato lo sgombero" ha spiegato ieri il sindaco che, in quella serata del 17 settembre scorso, fu uno dei primi a intervenire per capire cosa stesse succedendo.

L’incendio causò il crollo parziale del capannone che successivamente fu raso al suolo per ragioni di sicurezza. Le macerie, che erano state ricoperte da un telo, sono ancora al loro posto. Così come lo scheletro del rimorchio posteggiato nelle vicinanze e rimasto coinvolto nel maxi incendio. Uno scenario decisamente insolito e degradante in mezzo alle case e alle attività produttive e proprio a due passi dalla chiesetta che, solo grazie al tempestivo intervento dei vigili del fuoco, quel giorno non fu avvolta dalle fiamme.

Gli inquirenti sono ormai mesi che stanno cercando di fare piena luce sull’episodio e sulle cause di quel rogo che resta avvolto nel mistero. Ai testimoni, che arrivarono sul posto pochi minuti dopo l’allarme, sembrava (il condizionale è d’obbligo) che vi fossero due focolai scoppiati in due punti differenti del capannone e dunque per gli inquirenti la pista dolosa non è mai stata scartata a priori. Il capannone era stipato fino al soffitto di bancali di legno ma le forze dell’ordine hanno cercato di capire se all’interno del maxi deposito ci fosse altro materiale stoccato.

Mario Borra