Stuprate dal branco, "è stato un calvario"

L’aggressione al Lido su due 17enni, i giudici motivano la condanna dei tre ragazzi: "Nei confronti della vittime una violenza inaudita"

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MENAGGIO (Como)

di Paola Pioppi

"Le due parti lese hanno affrontato un vero e proprio calvario e, nonostante ciò, hanno mantenuto la linearità del loro racconto e offerto nuove precisazioni, il che è tipico di chi riferisce solo la verità". Le motivazioni della sentenza che il 27 aprile ha portato alla condanna dei tre giovani ritenuti responsabili della violenza sessuale commessa nel 2018 a Menaggio, si soffermano a lungo sui danni e sulle sofferenze, patite dalle due minorenni vittime del reato. Innanzi tutto, dicono i giudici – Maria Luisa Lo Gatto, Walter Lietti e Cristiana Caruso – "deve ritenersi acclarato che le due ragazze siano salite in auto con gli imputati nel convincimento di essere agevolate nel rientro a casa, e non con l’intenzione di proseguire con loro la serata", mentre gli imputati "avevano deciso di portare avanti il loro piano incuranti del mancato consenso delle ragazze". I loro racconti ai giudici sono apparsi "assolutamente complementari", con deposizioni che "hanno retto la vista degli imputati tutti in udienza, e una rivelazione assolutamente spontanea delle violenze subite, del tutto scevra da intenti calunniatori".

Inoltre la vittima della violenza più grave, "più che concentrare la sua attenzione e la sua rabbia su chi ha abusato di lei, ha continuato a colpevolizzarsi per avere accettato il passaggio e per essersi fidata. In entrambi i casi le ragazze, seppur in modo diverso, hanno espresso considerazioni e sentimenti che in qualche modo tendevano a sminuire e sottovalutare la gravità di quello che avevano subito. Si sono subito colpevolizzate, come purtroppo accade troppo spesso, e solo grazie all’intervento di figure adulte di riferimento e al supporto ricevuto, sono riuscite a meglio inquadrare i fatti, arrivando a fare i conti con quella sofferenza progressivamente esplosa in tutta la sua forza".

Una delle due "ha mostrato con generosità di essere l’unica a voler essere di supporto per l’amica, perché si era resa conto che era in condizioni psicofisiche assai precarie. Non ha voluto lasciarla sola, ha cercato di proteggerla mentre erano al Lido, ed è intervenuta quando si è resa conto che addirittura due degli imputati stavano abusando di lei contestualmente".

A entrambe le ragazze è stato diagnosticato un disturbo da stress post traumatico, che necessiterebbe, per una, di terapia per una decina di anni. "Le difese degli imputati, – aggiungono i giudici – si sono limitate a ipotizzare intenti calunniatori senza riuscire neppure a individuarne le possibili motivazioni. Hanno provato a colpevolizzare e screditare le parti lese, tentato di scavare in aspetti della vita privata che nulla hanno a che vedere con i fatti. Ma nessuno degli imputati ha mai espresso un minimo di coinvolgimento emotivo". Anzi, "colpisce per crudezza, volgarità e per insensibilità il lessico utilizzato dai giovani imputati e dai loro amici quando fanno riferimento alle parti offese".