
Adilma Pereira Carneiro e Fabio Ravasio
Busto Arsizio (Varese), 19 maggio 2025 – “Non la potrò mai perdonare, quella persona è un mostro”. Così Annamaria Trentarossi, madre di Fabio Ravasio, ha definito Adilma durante la sua toccante testimonianza in Corte d’Assise, raccolta dal pubblico ministero Ciro Caramore. Un racconto carico di dolore e incredulità, che ripercorre una vicenda familiare diventata un dramma giudiziario.
La storia comincia nel 2013, a Magenta, durante l’inaugurazione di un bar di cui Fabio era socio. In quell’occasione la famiglia Ravasio conosce Adilma, presentata inizialmente come un’amica, insieme ai suoi quattro figli. “Ci siamo subito affezionati a quei bambini – ha raccontato la signora Trentarossi – mio marito, orfano di guerra, li considerava come nipoti. Loro ci chiamavano ‘nonni’”.
In seguito Adilma comunica di essere incinta di due gemelli. “Faceva avanti e indietro da Milano per le ecografie, ci aveva fatto partecipare a tutto. Nella nostra famiglia ci sono stati altri parti gemellari, quindi non ci siamo sorpresi”. Ma dopo l’annuncio, Adilma sparisce. Fabio, preoccupato, cerca di contattare le figlie della donna, che si rifiutano di dire dove fosse. Solo dopo il parto al San Gerardo di Monza, Adilma lo chiama per andare a prenderla. I bambini vengono registrati con il cognome Pereira, ufficialmente per timore che la famiglia Ravasio volesse portarglieli via.
Ma la verità, secondo la madre di Fabio, è un’altra. “L’8 gennaio 2016 si è sposata con Marcello Trifone, senza dire nulla a nessuno. Ci ha detto che andava a fare la badante a Magenta, ma poi abbiamo scoperto che era la villa di Trifone”. Durante una festa, la famiglia Ravasio prova ad avvicinarsi ma viene respinta. Poco dopo la scoperta: tutti e otto i figli di Adilma risultano sullo stato di famiglia di Trifone. E il colpo più duro: i gemelli non erano biologicamente figli di Fabio, come confermato da un test del DNA.
“Fabio era distrutto, ma non voleva rinunciare a quei bambini – ha spiegato Annamaria – noi volevamo proteggerli. Ma ci siamo accorti che negli atti ufficiali, anche durante i ricoveri, i bambini portavano solo il cognome Trifone. Di Ravasio non c’era traccia”.
Il racconto si sposta poi agli anni recenti. Nel 2021 Adilma avrebbe chiesto denaro, dichiarando di aver bisogno per una casa con piscina. “Un prestito da 800mila euro, di cui Fabio non sapeva nulla. Poi 35mila euro per una casa a Mentone, altri 58mila per una cascina. Fabio aveva emesso assegni che noi genitori avevamo coperto. A un certo punto non lo riconoscevo più. Lei ci aveva manipolati”.
Dopo aver rifiutato l’ennesima richiesta di 30mila euro, la famiglia ha deciso di interrompere ogni rapporto. “Aveva un piano per prosciugarci completamente”.
Poi il giorno più tragico: la morte di Fabio. “Eravamo in montagna. Mio marito si è sentito male alle 4 del mattino. Mi ha chiamato dicendo: ‘Devo dirti una brutta cosa, Fabio ha avuto un incidente gravissimo’. Erano le 5.30. Ma l’incidente era avvenuto molte ore prima. Lei ci ha avvertiti dieci ore dopo”. Una testimonianza intensa, che ha lasciato la Corte scossa. Una madre che ha perso un figlio e ora cerca verità e giustizia.