Legnano, uccise il padre: nessuna aggravante nonostante le 75 coltellate

Il pm: "Non ci fu accanimento, la vittima agonizzò solo per due minuti"

Soccorritori fuori dal condominio di via Giovannelli a Legnano, teatro dell’omicidio

Soccorritori fuori dal condominio di via Giovannelli a Legnano, teatro dell’omicidio

Legnano (Milano), 13 gennaio 2020 - Avrebbe ucciso per impeto, senza premeditazione o accanimento sul padre (al quale ha sferrato 75 coltellate) e senza l’aggravante del vincolo di parentela, perché adottato all’età di un anno e, per questo, secondo l’accusa svincolato da un qualsiasi “legame di sangue”. Ora andrà valutata la sua capacità di intendere e volere al momento dei fatti e per questa ragione il giudice per le udienze preliminari di Busto Arsizio ha chiesto la perizia psichiatrica.

Questo il quadro emerso riguardo la figura di Marco Campanella, il 36enne di Legnano che lo scorso primo luglio ha trucidato l’uomo che lo ha cresciuto una vita intera, il 71enne Michele Campanella che, sangue o non sangue, era suo padre. A muovere la mano dell’omicida sarebbero stati i numerosi rimproveri da parte dell’anziano, che riteneva Marco incapace di trovarsi una strada nella vita. La vittima, una vita trascorsa al servizio dello Stato con indosso la divisa da finanziere, il grande amore con la moglie Paola e il desiderio di un figlio, adottato oltre trentadue anni fa, avrebbe quindi pagato la “colpa” di aver desiderato di vedere Marco realizzato e felice. Il 36enne infatti, dopo essersi laureato in Lingue lo scorso anno, aveva deciso prima del delitto di proseguire ancora gli studi iniziando un corso di laurea magistrale, mentre suo padre lo avrebbe voluto già avviato nel mondo del lavoro, con una vita sociale che includesse più persone e meno libri. "Mi faceva sentire inadeguato", furono le parole di Marco Campanella agli inquirenti dopo l’arresto. "Mi sentivo umiliato", ha aggiunto, per quei rimproveri che l’assassino sentiva lo toccassero anche nella sfera personale. La madre del 36enne, sentita dagli inquirenti dopo l’assassinio, ha confermato quanto il marito fosse preoccupato per suo figlio, perché non aveva ancora un lavoro a parte qualche occupazione con contratto a tempo determinato finita in nulla, e forse anche perché avrebbe voluto vederlo “volare felice fuori dal nido”.

Marco Campanella, secondo una sentenza della Cassazione un “non figlio” dato, questo, che lo ha svincolato dal legame di parentela che gli sarebbe costata una seria aggravante, a quanto emerso non ha mai manifestato alcun disagio psicologico o fatto uso di alcol e droghe. Ora la perizia richiesta dal giudice dovrà chiarire se questi black-out siano improvvisamente comparsi, proprio nel periodo del delitto. Vista la mancata contestazione di tutte le aggravanti - delle 75 coltellate inferte al genitore, secondo il pm Francesca Parola, ad ucciderlo sarebbero state le prime tre che lo avrebbero lasciato agonizzare “solo” un paio di minuti, non abbastanza, quindi, per configurare un accanimento - sarà facile che Campanella ottenga un processo con il rito abbreviato, che consente la riduzione di un terzo della pena.