ANDREA GIANNI
Cronaca

Omicidio Matilda, mamma Elena Romani: "Continuo a lottare per avere giustizia"

Assistita dagli avvocati Tiberio Massironi e Roberto Scheda la donna, che abita a Legnano con il nuovo compagno e due figli, è determinata ad andare avanti

Elena Romani (Studio Sally)

Legnano, 16 dicembre 2016 - «Ho aspettato per undici anni e per mia figlia posso attendere per una vita intera: porterò avanti la battaglia fino a quando non sarà fatta giustizia». Elena Romani ieri era in aula a Vercelli quando il giudice ha assolto il suo ex compagno, Antonio Cangialosi, dall’accusa di aver ucciso la piccola Matilda Borin, morta a 22 mesi nel 2005 a Roasio, nel Vercellese. Assistita dagli avvocati Tiberio Massironi e Roberto Scheda la donna, che abita a Legnano con il nuovo compagno e due figli, è determinata ad andare avanti, convinta che la morte della bimba «non può rimanere senza un colpevole».

Ieri si è chiuso il nuovo processo di primo grado su una lunga e controversa vicenda giudiziaria.

«Ci atteniamo alla decisione del giudice, sapevamo a che cosa saremmo andati incontro. A Vercelli non è stato possibile far emergere la verità, ma andremo avanti».

La Procura aveva chiesto otto anni di carcere per Antonio Cangialosi. Vi unirete a un eventuale ricorso in appello?

«Andremo in appello a Torino, perché la morte della mia bambina non può rimanere senza un colpevole. In quella casa c’erano solo due persone: io, assolta in tutti i gradi di giudizio, e il mio ex compagno. Le indagini iniziali, però, sono state svolte in un’unica direzione, e l’assoluzione di ieri è il risultato».

Secondo lei ci sono state lacune dal punto di vista investigativo?

«Le indagini sono partite male e all’inizio si sono concentrate solo su di me. Sono stata interrogata, intercettata, processata sulla base del nulla e infine assolta in tre gradi di giudizio. Sono stata vittima di pregiudizi e, per molti, ero colpevole. Su Antonio Cangialosi non sono state fatte indagini accurate e il risultato è che dopo undici anni siamo ancora al punto di partenza».

Lei ha sempre partecipato a tutte le udienze del processo, che ha fatto rivivere ricordi dolorosi.

«Ho preso giorni di permesso dal lavoro e ho fatto di tutto per non mancare perché mi sembrava giusto partecipare, lo devo a mia figlia. Ieri anche Antonio Cangialosi era in aula, ma prima non è mai stato presente. Forse aveva di meglio da fare».

Undici anni dopo è riuscita a rifarsi una vita?

«Non dimenticherò mai Matilda e i ricordi di quel giorno rimarranno sempre impressi nella mia mente. La morte di una figlia non si dimentica, però ho trovato la forza di ricominciare. Ora devo andare a prendere i miei bambini a scuola».