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Omicidio Matilda, lo sfogo di mamma Elena: "Non riavrò la mia bambina. Voglio almeno che vinca la verità"

Elena Romani vive a Legnano: il 2 giugno 2005 la piccola Matilda venne uccisa con un calcio

La mamma di Matilda, Elena Romani (Ansa)

di Gabriele Moroni

Legnano (Milano), 13 marzo 2015 - Non la vive come una vittoria. Il segno rimane quello dell’attesa. Elena Romani commenta pacatamente la notizia che la Cassazione ha accolto il ricorso presentato per lei e per i genitori dagli avvocati Tiberio Massironi e Roberto Scheda. La quinta sezione ha riaperto il caso annullando la sentenza con cui, lo scorso giugno, il gup di Vercelli Paolo Bargero aveva confermato il non luogo a procedere per Antonino Cangialosi, all’epoca fidanzato della ex hostess. La Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio. C’erano solo loro due, accanto a lei, quando Matilda, 22 mesi appena compiuti, la figlia di Elena, era stata raggiunta alla schiena da un colpo, forse un calcio, tanto violento da spappolare la milza e provocare il distacco di un rene. Era il pomeriggio del 2 luglio del 2005 a Roasio, nelle campagne del Vercellese, in una casa colonica di proprietà di Cangialosi. Elena Romani vive a Legnano, con un compagno da cui avuto due figli. E’ stata assolta nei tre gradi di giudizio, in Appello per non avere commesso il fatto. Per Cangialosi riprende l’odissea: la Suprema Corte ha disposto che gli atti tornino a Vercelli, all’esame di un nuovo gup. 

Signora Romani cosa significa per lei la decisione della Cassazione? «Dico sempre che sono per la giustizia, che credo nella giustizia. Deve fare il suo corso e so che alla fine mi daranno ragione, come è sempre stato. Sono passati dieci anni e questo non è giusto. Non parlo solo per me. Quando leggo certe notizie mi vengono i brividi. Adesso è assolutamente necessario procedere rapidamente per evitare la prescrizione. Si spera, bisogna avere fiducia».

Giustizia non solo per lei, per Elena Romani. «Non riavrò più la mia bambina, nessuna sentenza potrà restituirmela. Ci deve essere giustizia anche per lei, soprattutto per lei, la persona che più amavo, la cosa più preziosa».

Cosa significa, oggi, il ricordo di Matilda? «È la mia forza più grande. Non mi ha mai lasciato. Sono serena. Quelli che mi conoscono mi vedono sempre così, con il sorriso, e mi chiedono come faccio. Neppure io lo so. Anzi lo so: è lei che mi sostiene. È Matilda. Devo solo cercare di superare quei cinque secondi».

I «cinque secondi» arrivano proditoriamente. La madre di Matilda piange per qualche attimo, si riprende.

E se non dovesse realizzarsi la giustizia che chiede? «Se non ci sarà questa giustizia, ci sarà quella divina. Si riceve ciò che si fa. La giustizia terrena è fatta da persone, che possono anche sbagliare, ritardare. Da quella divina non si scappa».

gabriele.moroni@ilgiorno.net