Legnano, 20 ottobre 2013 - Ottantamila euro. E’ l’indennizzo che la Corte d’Appello di Torino ha riconosciuto a Elena Romani, l’ex hostess di Legnano assolta nei tre gradi di giudizio: non è stata lei a uccidere con un terribile calcio alla schiena Matilda, la sua bambina di 22 mesi, nata dall’unione con un uomo di Busto Arsizio. Elena Romani, che oggi ha 39 anni e vive a Legnano con il marito e i loro due figli, dopo l’arresto per omicidio preterintenzionale aveva trascorso sei mesi in cella e 118 giorni agli arresti domiciliari.

I giudici subalpini hanno accolto l’istanza di indennizzo, nonostante l’opposizione della Procura generale e il parere negativo del presidente della sezione penale del tribunale di Vercelli, Maria Teresa Guaschino, che come gup aveva prosciolto Antonio Cangialosi, ex compagno della Romani. 

Era il 2 luglio 2005, a Roasio, nel Vercellese. Elena Romani e Antonio Cangialosi erano soli con la bambina nella casa dell’uomo quando Matillda era morta, raggiunta da un colpo tanto violento da spappolare la milza e causare il distacco di un rene. Nell’aprile scorso il gup di Vercelli, Potito Giorgio, aveva revocato la sentenza di non luogo a procedere per Cangialosi e riaperto le indagini (scadenza il 17 novembre).

Era stata disposta anche una nuova perizia medico legale. In una decina di pagine il gup aveva puntato il dito contro Cangialosi, facendo proprie le motivazioni con cui la Corte d’Asssise di Torino aveva assolto la madre di Matilda per non avere commesso il fatto. «La vicenda - dice Tiberio Massironi, legale di Elena Romani con Roberto Scheda - poteva avere solo questo sbocco. E’ la prova degli errori che sono stati compiuti fin dall’inizio e che hanno generato un mostro giuridico».

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