Le mani dei clan su Malpensa: cinque indagati

Sotto la lente della Direzione distrettuale antimafia un commercialista di Magnago e un avvocato

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di Valentina Rigano

Colpo di scena ieri in Tribunale a Busto Arsizio, quando durante l’udienza per il processo "Krimisa", stralcio bustocco dell’inchiesta della Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Milano relativa alla locale della ’ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo, il pm della Dda di Milano Alessandra Cerretti ha depositato l’avviso di conclusione indagine e relativa informazione di garanzia nei confronti di cinque persone accusate di aver svuotato le casse della “City Parking srl“ di Malpensa, intestato alla ex compagna di Emanuele De Castro, collaboratore di giustizia e già condannato in via definitiva quale appartenente alla suddetta “locale“ della ’ndrangheta.

Si tratta dello stesso Emanuele De Castro, del suo ex avvocato Francesca Cramis, oggi difensore del consulente del lavoro e commercialista di De Castro, Giampaolo Laudani (di Magnago), anche lui indagato. Secondo quanto emerso dal dispositivo del pubblico ministero, avvocato e commercialista, unitamente ad altre due persone, avrebbero aiutato Emanuele De Castro e suo figlio Salvatore, a distogliere il capitale dalle casse della loro società (oggi sottoposta a confisca), dopo il loro arresto.

"L’avvocato Francesca Cramis, difensore di Emanuele e Salvatore De Castro, dopo il loro arresto contattava Giampaolo Laudani – si legge nelle carte giudiziarie – consulente del lavoro e commercialista della “City Parking Malpensa“, per suggerire lo svuotamento del conto corrente intestato alla società, al fine di sottrarlo ad eventuali provvedimenti coercitivi dell’autorità giudiziaria". Laudani, sempre secondo gli inquirenti, avrebbe convocato la ex compagna di De Castro "spiegandole che il denaro doveva essere distribuito a più persone" e "prestando la propria opera professionale finalizzata alla ripartizione".

A quel punto il cognato di De Castro, titolare del 60% delle quote societarie, avrebbe distratto del denaro giustificandolo con pagamenti gestionali gonfiati. Altre tre persone si sarebbero rese inoltre disponibili quali destinatarie di alcuni pagamenti ingiustificati e, secondo il pm, finalizzati alla distrazione di capitale. I reati sarebbero stati commessi tra il 15 e il 20 ottobre del 2018, nei comuni di Ferno, Lonate Pozzolo e zone limitrofe. Gli arresti, eseguiti il 4 luglio 2019 dalla Squadra criminalità organizzata del Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano, hanno avuto un primo epilogo nei giorni scorsi, quando l’otto settembre il gup di Milano ha inflitto pesanti condanne a tutti gli affiliati comprese tra gli otto e i 18 anni di reclusione.