
di Graziano Masperi
A distanza di 61 anni Boffalora sopra Ticino ha ricordato la sciagura del primo febbraio 1961. Forse sconosciuta alla maggior parte dei giovani, forse ricordata solo dai più anziani. Quella mattina il pullman (soprannominato la “corriera della morte“) che percorreva la tratta Turbigo – Milano cadde nelle acque gelide del Naviglio Grande lungo la strada che separa le frazioni magentine di Pontenuovo e Pontevecchio. Otto morti e oltre 50 feriti fu il bilancio. Ieri mattina al cimitero di Boffalora, a ricordare quelle vittime, c’erano il Sindaco Sabina Doniselli e Gianni Ceriani dell’associazione storica La Piarda.
"Boffalora pagò un tributo altissimo perché cinque vittime erano del paese", ha detto il Sindaco che ha ricordato i nomi: Pinuccia Monfrinotti, figlia dell’allora Sindaco, Riccardo Rognoni, Maria Ubezio, Rosanna De Ciechi e Rosanna Oldani. La rievocazione, che si sarebbe dovuta tenere lo scorso anno in occasione del 60esimo anniversario, è stata rimandata a causa del covid.
"È doveroso ricordare quel giorno luttuoso per tutta una popolazione – ha aggiunto Ceriani della Piarda – Sono in molti a non sapere quello che accadde. Una targa a perenne ricordo venne posta sulla tomba di coloro che persero la vita in occasione del primo anniversario". Molte erano le ragazze poco più che maggiorenni. Chi faceva l’operaia, chi studiava. Gente semplice. Il pullman partì alle 6.10 da Turbigo e sarebbe dovuto arrivare a Milano alle 7.35. La cronaca dell’epoca sul Corriere della Sera descrive quella sciagura con commuovente umanità. Quasi fosse tutto irreale, quasi fosse un romanzo descrivendo perfino la campagna che quella mattina attraversava il pullman, costellata sulla sinistra da rari gelsi e chiazzata di neve, mentre a destra, oltre una cortina bassa di rovi, c’era la scarpata che portava giù al Naviglio Grande.
"Le acque del canale scorrevano veloci (venti chilometri all’ora) trascinando a valle larghe chiatte di sabbia, pilotate da barcaioli intabarrati come cosacchi", continuava il racconto del giornalista del Corriere Franco Di Bella che intervistò l’autista del pullman, poco prima che venisse arrestato. In un’epoca completamente diversa da quella attuale, con le notizie che arrivavano dopo ore dall’accaduto, con i soccorsi che non disponevano certo dei mezzi e dell’organizzazione di oggi, il giornalista descrive minuziosamente quel che accadde. I fratelli contadini Baglio di Pontevecchio che si prodigarono per aiutare i soccorsi (senza di loro le vittime sarebbero state molte di più) insieme a tanti altri paesani, il cardinal Montini accorso in ospedale a Magenta per confortare i feriti, le indagini alla ricerca di un fantomatico autocarro. E il maresciallo Boris che comandava la stazione dei Carabinieri di Magenta che notificò l’ordine di arresto all’autista del pullman. Una tragedia, quella di 61 anni fa che si ripeterà a distanza di una ventina di anni. Stesso punto, ancora un pullman nel Naviglio Grande, ancora morti e disperazione in un’epoca lontana. Che Boffalora vuole ricordare.