Carol Maltesi uccisa e fatta a pezzi da Davide Fontana: “Un insicuro, agì per rabbia e vendetta"

Secondo gli accertamenti l’uomo non soffre di "disturbi di personalità". Carol era una gratificazione "da cui non poteva separarsi"

La casa della vittima. In piccolo, Carol Maltesi e Davide Fontana

La casa della vittima. In piccolo, Carol Maltesi e Davide Fontana

Rescaldina (Milano) – Davide Fontana persona "fragile e insicura", ma senza alcun disturbo mentale. Questo in sostanza l’esito della perizia che è stata depositata dalla specialista in Psicopatologia forense Mara Bertini sull’omicida reo confesso di Carol Maltesi, l’amica uccisa a fatta a pezzi l’11 gennaio del 2022 nel suo appartamento di via Barbara Melzi a Rescaldina, nel Milanese. Fontana oggi come allora non soffre di alcun disturbo e sarà giudicato con un regolare processo dal prossimo 29 maggio, quando le conclusioni della perizia verranno infatti discusse in Corte d’assise, presieduta dal giudice Giuseppe Fazio.

Gli accertamenti necessari alla perizia, ai quali hanno preso parte anche i consulenti nominati dalla Procura, dalle parti civili e dalla difesa, erano iniziati il 3 febbraio nel carcere di Busto Arsizio, dove oggi Fontana è detenuto in isolamento. In aula si sarebbe dovuti tornare l’8 maggio, ma la professionista incaricata aveva chiesto una proroga di 15 giorni per il deposito dell’elaborato. Lo stesso perito ha avanzato oggi "alcuni aspetti di fragilità personologica che non è possibile negare ma che non si iscrivono in un quadro di disturbo di personalità". Fontana viene descritto come "persona di fondo insicura, evitante, con sentimenti di inadeguatezza rispetto al proprio valore e alla capacità di competere con i pari fin dall’adolescenza".

Il perito descrive anche la sua relazione con la 26enne Carol come se "gli consenta di silenziare ataviche insicurezze e di garantirsi una vita ricca di impegni". Poi il focus sul movente dell’omicidio: "Da rintracciarsi anche nei potenti sentimenti di rabbia e vendetta accumulati nei mesi antecedenti, amplificati dall’imminente abbandono. Il delitto si compie con la distruzione di quel corpo tanto desiderato quanto odiato, dal quale Fontana non è riuscito a liberarsi per circa due mesi per le sue difficoltà di separarsi dell’oggetto d’amore. Non è tanto il temuto allontanamento dalla persona quanto la difficoltà a distanziarsi dall’esperienza di vita vissuta, in qualche modo unica, irripetibile, gratificante che Carol aveva a lungo alimentato". Nella perizia anche la confessione dell’uomo sui resti gettati in valle Camonica da un dirupo: "Avevo deciso che fosse il momento di dare fine a tutta questa storia, di lasciarla in montagna, a Borno, che era il posto che frequentavo da piccolo. Ci sarà un motivo probabilmente psicologico... come la chiusura di un cerchio".