Carol Maltesi, le motivazioni della sentenza: Davide Fontana la massacrò perché si sentiva usato

Secondo i giudici il bancario 43enne uccise e fece a pezzi la ragazza perché “Si rese conto che la giovane e disinibita Carol si era in qualche misura servita di lui per perseguire i propri interessi”

Carol Maltesi

Carol Maltesi

Rescaldina (Milano) – Davide Fontana si sentì usato da Carol Maltesi: per questo decise di ucciderla. Questa, in estrema sintesi, la ragione che spinse il bancario 43enne a massacrare l'amica con cui aveva condiviso i mesi precedenti “in modo gratificante”. Il movente dell’omicidio della 26enne è ricostruito nelle motivazioni della sentenza con cui, il 12 giugno scorso, il Tribunale di Busto Arsizio condannò Fontana a 30 anni di carcere.

“L’uomo si rese conto che ormai, dopo averla in qualche misura usata, Maltesi si stava allontanando da lui, scaricandolo –  si legge nelle motivazioni della sentenza – L’idea di perdere i contatti stabili con colei che egli, per sua stessa ammissione e secondo l’amica testimone, amava perdutamente, da cui sostanzialmente dipendeva poiché gli aveva permesso di vincere la sostanziale solitudine in cui si consumava in precedenza e di vivere in modo finalmente diverso e gratificante, si è rivelata insopportabile”.

Il presidente della corte di Busto Arsizio, Giuseppe Fazio, poi continua: “Fontana si è reso conto che la giovane e disinibita Carol si era in qualche misura servita di lui per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali e che lo avesse usato e ciò ha scatenato l’azione omicida. A spingere l’imputato non fu la gelosia ma la consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso di crescente frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte. Il movente dell’omicidio e per la corte d’assise non può essere considerato abietto o futile in senso tecnico-giuridico né il delitto è stato premeditato: potrebbe essere stato frutto di una decisione maturata lentamente, ma fu conseguenza di condotta voluta dall’imputato sorretta da dolo diretto se non da dolo intenzionale, ma non di premeditazione".

Sul corpo fatto a pezzi della ragazza, Fazio scrive: "Fontana, compiuto l’omicidio, voleva liberarsi del cadavere definitivamente, definitivamente distruggendolo. Intanto cercava di nascondere in altro modo il decesso di Carol continuando a usare il suo smartphone e i suoi profili social. Tali condotte assorbono l’abbandono dei resti nella scarpata di Borno, perché voleva liberarsene e impedirne il ritrovamento". I legali di Fontana valuteranno adesso il ricorso in appello.