Mi chiamo Yohanna, ho 23 anni. Sono nato in Sud Sudan a Malakal, da una famiglia semplice. Ho cinque sorelle e tre fratelli, che sono rimasti con i miei genitori là. Nel mio paese c’è la guerra e i ragazzi vengono rapiti per essere arruolati come soldati. Io non volevo questo. Mia madre allora mi ha detto che sarei dovuto andar via, fuggire, per potermi salvare. Così ho fatto. Tutti scappavano, c’era e c’è ancora la guerra civile. Con l’aiuto dell’Unicef sono riuscito ad allontanarmi. All’inizio mi sono rifugiato da mia sorella che vive a Nord del Sud Sudan. Ho lavorato un po’ e così ho risparmiato del denaro per andare in Egitto ad Asiut e poi al Cairo. Da lì, facendo un percorso tutto a piedi, mi sono recato sulla costa della Libia. Vivevo in una casa che non era una casa. Si dormiva per terra, tutti insieme, vicini, senza acqua per potersi lavare. E’ stato molto difficile quel periodo, che è durato per circa un anno. Infatti ho dovuto lavorare alle dipendenze di alcuni capi, che non avevano umanità per nessuno. La fatica, la fame, la solitudine e le violenze di quel periodo li porterò sempre con me nel mio cuore. Così come l’affetto della mia famiglia. Ho provato a partire per tre volte da lì. La prima l’imbarcazione ha dovuto tornare indietro perché il motore non funzionava. Quindi ho dovuto aspettare ancora. La seconda volta la barca è colata a picco, poco distante dalla riva. Io sapevo nuotare, perché dove sono nato c’era un fiume e fin da piccolo giocavo nell’acqua e ho imparato a nuotare, ma tanti miei compagni di viaggio non ce l’hanno fatta. In quei momenti dovevo pensare solo a me, non vedevo nulla, poiché era notte. La terza volta sono riuscito ad arrivare in Italia. Sbarcato non ...
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