Parabiago, 29 agosto 2024 – Soggiogati. Manipolati. Irretiti. Adilma Pereira Carneiro, anima nera della improvvisata banda accusata di aver ucciso Fabio Ravasio, avrebbe guadagnato anche attraverso l’arte della stregoneria il sostegno dei sodali uomini al suo scellerato piano.
A sentire le testimonianze di alcuni degli arrestati, in particolare Massimo Ferretti, titolare di un bar che si è detto “innamorato perso” della 49enne brasiliana, Adilma sarebbe stata esperta di riti magici e sortilegi. Vere e proprie macumbe da film horror, praticati anche con teste di coniglio e altre parti del corpo di animali, a cui i complici avrebbero assitito. Adilma – è sempre chi pendeva dalle sua labbra a dirlo – sarebbe stata (o meglio, avrebbe sostenuto di essere) una sacerdotessa del candomblè, religione animista afrobrasiliana.
Cos’è il candomblè
Il candomblè si basa sul culto degli orishas, divinità importate in Brasile dagli schiavi di etnia Yoruba e Bantu, la cui tradizione si è mescolata con le storie dei santi cattolici. Gli orishas si possono identificare con gli elementi naturali ma anche con antenati umani divinizzati.
Il contatto con il divino avviene attraverso offerte votive e rituali di danza (aspetto a cui, insieme alla musica, la religione dà parecchia importanza), in cui gli dèi vengono invocati e invitati a prendere possesso dei fedeli. Il termine “candomblé” deriva infatti dalla parola kimbundu candombe (danza con tamburi) e dal termine ioruba ilê (casa).
Il “cocktail” con la religione cristiana
Per gli schiavi Yoruba e Bantu il connubio con il cristianesimo fu “escamotage” per consentire la sopravvivenza della religione candomblè, osservata con sospetto dai dominatori di origine europea.
Si viene così a formare un pantheon in cui alcune delle figure principali del cattolicesimo vengono associate agli orishas. Gesù diventa Oxalà, signore della vita, Oxùm è la dea dell’amore e della fertilità associata alla Madonna, san Gerolamo è Xhango, dio del fuoco, Ogum è il dio della guerra, accomunato a san Giorgio uccisiore drago, san Lazzaro è Omolù, il guaritore dalle malattie infettive.
I riti
Riti tipici del candomblè (che, va detto, è religione del tutto estranea a utilizzi impropri delle sue pratiche, come quelli che sarebbero da addebitare alla mantide di Parabiago) sono gli “ebò”, offerte – con elementi di origine animale, vegetale o minerale – agli orishas destinate a conservare e ristabilire l’armonia fra i diversi piani dell’esistenza, il “bori”, altro cerimoniale che oltre all’offerta prevede che il fedele dorma una notte intera su una stuoia di fronte agli elementi donati a Ori, la divinità che per il candomblè “risiederebbe” nella nostra testa e il “padè”, cerimonia in cui vengono invocate e omaggiate diverse energie ancestrali, madri e padri.
Un rituale, quest’ultimo, che gli stessi fedeli – si legge nel sito della chiesa candomblè di Milano – considerano “carico di pericolo in virtù del potere soprannaturale delle entità che sono invocate”. L’obiettivo finale è mantenere armoniose le relazioni con queste entità e richiedere, attraverso adeguate offerte, il loro favore e la loro protezione.