Villa Clerici-Riccadonna, una casa nata per rimanere "sospesa sulla nebbia"

Carlo Moretti, l'architetto che ha disegnato l'ardita architettura della villa abbattuta ieri a Cerro Maggiore, ricorda lo spunto che aveva dato il via alla progettazione, alla fine degli anni Sessanta

Villa Clerici dopo il completamento: in primo piano i figli del progettista

Villa Clerici dopo il completamento: in primo piano i figli del progettista

Legnano (Milano), 4 agosto 2016 - «Èun vero dispiacere, anche perché sarebbe bastato poco per conservarla»: Carlo Moretti è l’architetto che ha progettato Villa Clerici - Riccadonna  negli anni Sessanta (edificio abbattuto per fare spazio a un Burger drive) , e ha commentato così l’ultimo atto di questa sua creazione. Moretti, che nel 1969 vinse ex equo anche il concorso per il ponte di Messina (nel quale proponeva un ponte non sopra lo stretto, ma subacqueo), ricorda anche da dove arrivò lo spunto che condusse poi alla realizzazione di questa architettura: «Il professor Clerici, primario dell’ospedale di Legnano, e la moglie avevano identificato in quella zona a pochi passi dall'ingresso autostradale il terreno ideale su cui edificare la loro abitazione – ricorda Moretti -. La zona doveva essere nei pressi dell'ospedale e quel terreno era l'ideale. Quando siamo arrivati per il sopralluogo era una giornata piuttosto fredda, il terreno era coperto dalla nebbia classica dei nostri campi, quella che si deposita al suolo  e che lascia intravedere solo la parte alta degli alberi.

Allora la signora mi ha guardato e mi ha detto: «Io però non vorrei una casa immersa nella nebbia!» Da quel momento abbiamo cominciato a immaginare una casa che fosse sospesa, staccata dal terreno, e così è nato il progetto, tanto che anche la scala di accesso era stata concepita come un elemento simile a un ponte levatoio, capace di separare la realtà dell'edificio dal terreno». La casa è stata abitata per qualche anno poi, con la morte in un incidente stradale del professor Clerici, anche la moglie decise di lasciare l’edificio. «Mi dispiace si sia arrivati a questo punto – conclude Moretti - anche perché sarebbe bastato attendere forse un anno per poter contare sulla tutela della soprintendenza. Anche l’ordine degli architetti ha provato a fare pressione affinché si riuscisse a preservare l’edificio ormai in pessime condizioni, ma è evidente che tutto è stato inutile».