DANIELE DE SALVO
Cronaca

La maxi inchiesta sulla ‘ndrangheta tocca anche il Lario: chi sono i tre fratelli nella rete dei pm

Coinvolti Alessandro Daniele e Roberto Castelnuovo di Erba e Nibionno. Lavorano nel settore dei rottami e rifiuti ferrosi. L’ipotesi è che fossero teste di legno per favorire l’evasione

Uno dei frame del video della maxi operazione che ha portato agli arresti per presunte infiltrazioni della ’ndrangheta

Uno dei frame del video della maxi operazione che ha portato agli arresti per presunte infiltrazioni della ’ndrangheta

Lecco – Rifiuti, scarti, rottami. Che però per boss, piccioti, amici e amici degli amici valgono oro. Cambiano - non tutti - i protagonisti, ma la trama, i luoghi e i modi sono sempre gli stessi. Un déjà vu. Prima l’inchiesta Crimine-Infinito del 2010, con macerie, immondizia e relitti di cantiere di ogni genere intombate sotto strade, ferrovie e ospedali. Poi con Cardine Metal money, nel 2021 con un traffico di rifiuti, anche radioattivi e un giro milionari di evasione. E ora di nuovo ieri, con l’arresto in carcere di 25 indagati e altri 8 ai domiciliari in mezza Lombardia, tra cui una suora, al termine di un’indagine coordinata dai magistrati dell’Antimafia bresciana per armi, usura, ricettazione, spaccio e riciclaggio, tramite anche società di rottami e metalli.

Tra i convolti anche lecchesi e comaschi. Sono tre fratelli: Alessandro Castelnuovo, 27 anni, di Erba, Daniele sempre Castelnuovo di 39 anni di Nibionno e Roberto, anche lui Castelnuovo, anche lui di Erba, di 44 anni. Alessandro, sebbene sia il più giovane, è l’amministratore di un’azienda, la Nickel Steel Ecology di Cassago Brianza, fondata nel 2016. Con lui lavorano anche Roberto e Daniele, più grandi, ma suoi collaboratori. La Nickel Steel Ecology è un’azienda di rottami e rifiuti ferrosi, sfasciacarrozze e sgomberi. I tre, secondo inquirenti e investigatori, ma anche secondo il gip che ha firmato la misura di custodia cautelare, si sarebbero prestati come teste di legno per consentire ad altri sopra di loro di evadere le tasse, che è poi anche un modo per favorire il riciclaggio di denaro sporco.

“Al fine di evadere l’imposta sui redditi – si legge negli atti – indicavano nelle dichiarazioni relative, elementi fittizzi”. Si tratta di tanti soldi: quasi 600mila euro di imponibile, un’imposta sui redditi di 140mila euro per il 2019 e di un imponibile di 245mila euro e un’imposta sui redditi di 60mila euro nel 2020, più altri 430mila euro di imponibile nel 2021. Il metodo? “Un meccanismo fiscale illecito”, con fatture false, bonifici e versamenti, dati e ricevuti, anche da 2 milioni e mezzo di euro. A inchiodarli le intercettazioni, oltre che gli estratti conto, nonostante le precauzioni e i contanti non tacciabili. “Non esitavano a rivolgersi, per finalità lucrative – è l’affondo dei pm – a contesti di criminalità organizzata”.