PIERANGELO PANZERI
Cronaca

Caso piccolo Liam, la Cassazione: "Genitori innocenti". Non ci sono colpevoli per la morte del bimbo

Lecco, il caso del bimbo deceduto dopo sole 28 settimane viene chiuso dalla Cassazione dopo 8 anni di processi, perizie e interrogatori

Il palazzo della Cassazione

Il palazzo della Cassazione

LECCO – La morte del piccolo Liam Nuzzo non ha alcun colpevole. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del procuratore generale, confermando la sentenza della Corte d’Assiste di Milano che aveva assolto la madre Aurora Ruberto. Il padre Fabio Nuzzo era già stato assolto in 1° grado, in Corte d’Assise a Como.

I legali della famiglia – gli avvocati Nadia Invernizzi e Roberto Bardoni – si sono dichiarati soddisfatti della conclusione dell’iter processuale e dell’associazione dei genitori di Liam. La vicenda: Liam Nuzzo è morto il 15 ottobre 2015 a Ballabio a soli 28 giorni dalla nascita. Secondogenito di una coppia, papà operaio, mamma casalinga, è stato trovato senza vita in culla e nei 28 giorni di vita è stato ricoverato all’ospedale di Lecco per due volte: la prima dopo essere caduto in casa e la seconda per la comparsa di rigonfiamenti sulla testa.

Le 3 perizie eseguite sul corpicino di Liam non erano state allineate e tra le cause della morte ci sarebbe una polmonite sopraggiunta per condizioni di debolezza del piccolo. La vicenda giudiziaria si trascina da più di 8 anni, con un iter lungo e complicato, numerosi colpi di scena, a partire da 3 differenti perizie sulla morte non allineate tra di loro. La Procura di Lecco per ben 2 volte ha chiesto l’archiviazione in udienza preliminare: nella prima il giudice dell’udienza preliminare Paolo Salvatore aveva imposto l’imputazione coatta, nella 2ª il giudice Salvatore Catalano, dopo i risultati di una superperizia, aveva deciso per l’archiviazione.

Ma la Procura generale in Corte d’Assise d’Appello aveva impugnato la sentenza e chiesto il rinvio a giudizio dei genitori con l’accusa di omicidio volontario. In Corte d’Assise a Como l’allora procuratore di Lecco, Cuno Tarfusser, riformulò il capo di imputazione, sostenendo che "la madre, autrice materiale, utilizzando uno strumento contundente o sbattendo la testa del figlio perpendicolarmente su una superficie piana e rigida, produceva fratture parieto temporali bilaterali, da cui derivava uno stato di particolare debolezza e di immunodeficienza tale da favorire l’insorgere di una polmonite interstiziale che portava al decesso. Il Nuzzo, padre, pur perfettamente consapevole delle reiterate condotte lesive e maltrattanti serbate dalla Ruberto verso Liam, le tollerava pur avendo l’obbligo morale e giuridico di impedirle".