Liam, morto a 28 giorni: la nuova verità. Assolta in appello la mamma

Nuovo colpo di scena nel processo per la morte del piccolo di Ballabio: "Il fatto non sussiste". In primo grado fu condannata a dieci anni

L'ospedale di Lecco dove è spirato il piccolo

L'ospedale di Lecco dove è spirato il piccolo

Ballabbio (Lecco), 23 marzo 2023 -  Nessun colpevole per la morte di Liam, spentosi il 15 ottobre 2015 a Ballabio a soli 28 giorni dalla nascita. Ieri la presidente della Prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Milano, Ivana Caputo, ha letto la sentenza di assoluzione "perché il fatto non sussiste" della madre del piccolo, Aurora Ruberto, 40 anni. È stata così ribaltata la sentenza della Corte d’Assise di Como dello scorso anno che aveva condannato la madre a dieci anni e assolto il padre Fabio Nuzzo. I legali della famiglia – gli avvocati Nadia Invernizzi e Roberto Bardoni – si sono dichiarati soddisfatti: la Corte ha infatti accolto la loro tesi difensiva, malgrado si dovrà attendere ancora 45 giorni per la lettura delle motivazioni per i dettagli della decisione.

Corte d'Assise

La vicenda giudiziaria si trascina da più di 6 anni, con un iter lungo e complicato, numerosi colpi di scena, a partire da tre differenti perizie sulla morte del neonato non allineate tra di loro. La Procura di Lecco per ben due volte ha chiesto l’archiviazione in udienza preliminare: nella prima il Gup Paolo Salvatore aveva imposto l’imputazione coatta, nella seconda il giudice Salvatore Catalano, dopo i risultati di una superperizia, aveva disposto l’archiviazione. Ma la Procura generale in Corte d’Assise d’Appello aveva impugnato la sentenza e chiesto il rinvio a giudizio dei genitori con l’accusa di omicidio volontario. In Corte d’Assise a Como l’allora procuratore di Lecco, Cuno Tarfusser, riformulò il capo di imputazione, sostenendo che "la madre, autrice materiale, utilizzando uno strumento contundente ovvero sbattendo la testa del figlio perpendicolarmente su una superficie piana e rigida, produceva fratture parieto temporali bilaterali, da cui derivava uno stato di particolare debolezza e di immunodeficienza tale da favorire l’insorgere di una polmonite interstiziale che portava al suo decesso. Il Nuzzo, padre, pur perfettamente consapevole delle reiterate condotte lesive e maltrattanti serbate dalla Ruberto verso Liam, le tollerava pur avendo l’obbligo morale e giuridico di impedirle".

Condanna a 10 anni

La Corte d’Assise di Como, presieduta dal giudice Valeria Costi accolse allora la richiesta di rito abbreviato avanzato dagli avvocati Invernizzi e Bardoni, e condannò Aurora Ruberto a dieci anni per il reato di omicidio preterintenzionale, aggravato dal vincolo di parentela, e l’assoluzione del padre Fabio Nuzzo perché il fatto non sussi ste. Inoltre la Corte d’Assise lariana dispose la decadenza della potestà genitoriale sull’altra figlia. I legali hanno quindi deciso di presentare ricorso in Appello: qui i giudici, dopo aver ascoltato in udienza medici e consulenti, hanno riformulato la sentenza di primo grado e assolto anche la madre.