LAURA LANA
Cronaca

L’albergatore fa i conti: "Boom con gli stranieri ma l’effetto Lariowood spinge gli affitti brevi"

C’è un brand che tira ancora e che da dieci anni è sulla cresta dell’onda: Lake Como. Che abbraccia anche...

Fabio Dadati di Lake Como East Side

Fabio Dadati di Lake Como East Side

C’è un brand che tira ancora e che da dieci anni è sulla cresta dell’onda: Lake Como. Che abbraccia anche Lecco – senza eresie campanilistiche – e arriva fino a Milano. Grazie a questo marchio gli albergatori dei due rami del lago vivranno l’ennesima stagione col segno più. A raccontarlo è Fabio Dadati, direttore di Lake Como East Side, gruppo fondato nel 2012 con all’attivo il boutique & design hotel Casa sull’Albero, l’Hotel Promessi Sposi, 4 stelle lusso, e il ristorante Da Giovannino. Il 2024 ha consolidato la reputazione del territorio come destinazione di eccellenza.

Quest’estate cosa vi aspettate? "Un’altra stagione positiva. Da Expo 2015 c’è stata una crescita costante e progressiva fino al 2019. Dopo il Covid è esplosa. Questa onda lunga sta continuando: uno degli hashtag più ricercato in Indonesia è Como, dopo che i fratelli Hortono hanno comprato la società di calcio, portando le star di Hollywood in tribuna. Certo, i numeri si stanno assestando anche sulla parte Comasca dove c’è più lusso".

In questi dieci anni com’è cambiato il mercato? "L’extralberghiero ha fatto il grande salto: oggi è il 90% a Lecco e il 70% a Como. Gli appartamenti in epoca di Expo non c’erano. Esistevano i B&B, che invece sono scomparsi come gli alberghi di fascia bassa. La Silicon Valley ha permesso a tutti di affittare un alloggio. Sembra però che questo segmento avrà un calo maggiore rispetto all’alberghiero".

Le prove generali di Pasqua e del 2 giugno come sono andate? "Bene, ma noi come altri stiamo vedendo un cambiamento importante rispetto lo scorso anno. Ci sono state tante prenotazioni, fatte con largo anticipo, ma poi anche tante cancellazioni. All’ultimo si è recuperato e il dato assestato. Ora sta andando bene, ma è difficile una crescita forte durante il mese. Il last minute si è ridotto: l’anno scorso era più facile rimpiazzare una camera che saltava all’ultimo".

Il suo cliente tipo chi è? "Uno straniero che sceglie il leisure e viene proprio per Lake Como. Tanti americani, che prima non c’erano, e tedeschi, poi europei in generale. Abbiamo avuto parecchie cancellazioni dagli israeliani per la guerra. Gli Emirati stanno crescendo e gli arabi sono ottimi turisti. Mentre l’indiano cerca il luogo iconico, esclusivo, molto conosciuto, l’arabo non deve andare a tutti i costi a Bellagio e resta volentieri anche a Malgrate. Non è a caccia di Instagram spot".

Lei tiene aperto tutto l’anno? "Sì, ma io sono a Lecco. Una città manifatturiera che si sta spostando sui servizi e sta vivendo una crescita della parte digital. Una volta si chiudeva ad agosto perché le aziende staccavano per le ferie. Io non credo che la stagione per tutti possa e debba coprire 12 mesi. Sicuramente si può allungare e su questo tutti, lecchesi e comaschi, stanno lavorando da tempo. Ma se le ville chiudono, i punti di interesse non sono accessibili, i borghi non sono animati, mancano grandi eventi, si rischia di lavorare in perdita".

Lei come destagionalizza? "Con il Fai abbiamo portato avanti un lavoro di 3 mesi sui ‘custodi del patrimonio’ con un gruppo di giovani che può lavorare nei musei, nelle grandi ville, nelle attività che ci connotano. In questo modo l’attenzione si sposta da un turismo di consumo a un turismo più consapevole, indipendentemente dal valore economico. Da 20 anni insisto sulla nascita a Lecco di un polo multifunzionale da 1.500 persone vicino al Politecnico: questo aiuterebbe il territorio e l’avvio di nuovi alberghi. E poi siamo vicini a Milano. La media-bassa stagione per noi è un turismo di affari legato a università, convegni, fiere, saloni e anche al Gran Premio".