FEDERICO MAGNI
Cronaca

La Patagonia in inverno, Della Bordella e Majori in cima al Pilastro Goretta: “Un sogno che si avvera”

I due scalatori ripercorrono le orme di Renato Casarotto nella stagione più dura. Una sfida incredibile

Matteo Della Bordella e Marco Majori sul Pilastro Goretta del Fitz Roy hanno ripetuto per la prima volta in inverno la via aperta nel gennaio del 1979 da Renato Casarotto

Matteo Della Bordella e Marco Majori sul Pilastro Goretta del Fitz Roy hanno ripetuto per la prima volta in inverno la via aperta nel gennaio del 1979 da Renato Casarotto

Lecco – Dopo 14 spedizioni in estate e una in inverno, Matteo Della Bordella è ormai un veterano della Patagonia, ma l’emozione questa volta è grande. Si sente dalla voce mentre descrive il mondo verticale fatto di granito, ghiaccio e tanto freddo che è stato la sua casa nelle ultime settimane. La Terra del Fuoco gli ha donato un nuovo successo nella sua lunga carriera alpinistica. Nessuno ci aveva mai nemmeno provato a salire il bellissimo Pilastro Goretta in inverno. Ci sono riusciti per la prima volta nei giorni scorsi il ragno Della Bordella e il valtellinese Marco Majori.

Un capolavoro su una via aperta in solitaria nel 1979 da una leggenda come Renato Casarotto su quel pilastro appoggiato al versante Nord del più celebre Fitz Roy. La cordata che aveva perso un elemento come Tommaso Lamantia, rientrato in Italia per impegni di lavoro, non si è arresa e alla fine è riuscita a sbucare in vetta. “Non sapevo cosa aspettarmi dalla Patagonia in inverno - racconta Della Bordella -. Tirando le somme è stata un’esperienza fantastica. Le montagne sono le stesse che in estate ma forse ancora più belle perché hanno questo carattere più freddo, più impegnativo, più solitario. Con la neve che spesso complica le cose. L’attesa non è stata facile, ci sono molte più variabili rispetto all’estate. In inverno tutto deve essere perfetto, basta un minimo dettaglio fuori posto che la situazione può diventare critica. Però è andata, è stata una bellissima soddisfazione, proprio prima di prende l’aereo. Con “Majo“ c’è stata una bella intesa, una gran salita. Eravamo già stati insieme in Perù, però anche qui ha funzionato alla grande”.

Una parete di 1300 metri con difficoltà fino al VII grado e passaggi in artificiale, quella sul Pilastro Goretta rimane una delle vie più impegnative e di rara ripetizione in Patagonia. Ci sono voluti diversi tentativi, i tre avevano dovuto fare i conti anche con il crollo di una grossa porzione di ghiaccio della crepacciata terminale che si era portato via i loro sci e una parte del materiale. Sono stati fortunati. “Trovarsi in parete in inverno, tra il freddo e la solitudine -spiega ancora lo scalatore -, è stato incredibile: ci si sente minuscoli di fronte a queste montagne immense. Poi sono arrivate le difficoltà, la finestra di bel tempo che non si apriva, le incertezze. Ma in Patagonia bisogna tenere duro fino all’ultimo, e alla fine la determinazione ha pagato.

La via resta la stessa ma d’inverno hai la metà del tempo per scalare. Una sfida incredibile, resa ancora più significativa dal fatto di ripercorrere le orme di un alpinista come Casarotto e di averlo fatto per primi in inverno, nello stile che lui amava”. “È una salita che sognavo di fare fin da ragazzino. Mio papà era stato qui con Casarotto e aveva scattato una foto, poi stampata in bianco e nero che avevamo appesa in casa: si vedeva Casarotto, piccolissimo e solo, su quella parete immensa - racconta Marco Majori - Crescere con un’immagine così ti fa inevitabilmente sognare. E quel sogno, alla fine, si è avverato. Con lo stile che Matteo mi ha proposto, in inverno, con probabilità ridottissime. Non ero nemmeno al massimo della forma, arrivavo dall’incidente al K2 dello scorso anno con la spalla ancora dolorante, ma questa salita è stata una vera terapia d’urto, mi ha rilanciato esattamente da dove avevo lasciato. Ringrazio tantissimo Matteo: siamo stati una cordata con un’intesa splendida”.