FRANCESCO LOMMI
Editoriale e Commento

Ma i voti a scuola ci servono davvero?

Alcuni licei stanno provando ad abbattere una colonna storica del sistema scolastico: le metriche numeriche

“Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi". Così parlava Tancredi Falconeri nel celebre romanzo “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, rivolgendosi allo zio Principe di Salina, scettico della scelta del nipote di arruolarsi con Garibaldi. Il senso della sua affermazione è chiara: l'unico modo per mantenere i privilegi e lo stile di vita nobiliare era abbracciare il cambiamento, in quel caso portato dai rossi garibaldini. Così, oggi, il mondo della scuola e dell'istruzione, sempre più lontano dai ragazzi, è chiamato a una rivoluzione per non perdere del tutto il contatto con le nuove generazioni. Per questo alcuni istituti, tra cui il liceo scientifico milanese Bottoni e il Tosi di Busto Arsizio, hanno deciso di abbattere la colonna su cui da sempre si basa il sistema scolastico: i voti. Le valutazioni numeriche metterebbero ansia e non farebbero concentrare lo studente sugli errori, oltre a mortificare o far sentire inadatto chi prende un 4, un 3 o addirittura un 2. Una filosofia che, a sentire la preside del liceo Tosi, dove i voti numerici non ci sono più da 3 anni, "ha ridotto il tasso dei debiti e delle bocciature", regalando maggiore consapevolezza e serenità agli studenti. In un mondo in cui si tende a semplificare e sintetizzare tutto, è bello vedere l’impegno e la dedizione di chi non vuole ridurre il percorso e il valore di un ragazzo a un semplice numero, basso o alto che sia.