Nel 1970, all’epoca in cui l’amore si liberava dalle catene della morale e i giovani si elevavano a forza travolgente della società, un sacerdote domenicano francese di nome Jean Cardonnel scrisse che “quando gli uomini condividono il pane condividono la loro amicizia”. Dai tempi in cui “Gesù spezzò il pane e lo diede ai suoi discepoli” fino ai giorni correnti, la condivisione del desco rimane qualcosa di importante. E non c’è bisogno di spiegarla, quell’importanza. Si condivide con gli amici, con la moglie, con i figli. A quest’atto un po’ sacro e un po’ intimo, si può forse mettere una tassa? Pare di sì. O per lo meno così la pensa il gestore di un bar sul lago di Como che ha fatto pagare un sovrapprezzo di due euro a una coppia di clienti che aveva chiesto di dividere un toast a metà (un toast da 7,50 euro, peraltro). Si è poi giustificato dicendo di aver “usato piattini e tovagliolini in più”. Mi chiedo quanto avrebbe fatto pagare di sovrapprezzo, quel gestore, allo sventurato uomo che avesse avuto l’ardire di condividere il toast non con uno, bensì con dodici amici. Chissà quanto salato sarebbe stato il conto per quel tipo, magari venuto da Nazareth.
Editoriale e CommentoTassa sull’amicizia