In una bella intervista al nostro giornale Daniele Novara, fondatore del Centro psicopedagogico per l’educazione, ricorda ai “padri di non fare gli amici dei figli”, né essere i loro bancomat. Eppure un tempo c’erano “i padri padroni”, altra faccia della medaglia di un modo sbagliato di educare.
Oggi, spiega ancora l’esperto, l’era virtuale ha tolto ai bambini e ai ragazzi l’”elemento di concretezza, la frustrazione di vivere con gli altri” lasciandoli in “uno stato di atrofia relazionale dove la comunità non riesce più ad avere una misura educativa”. Anche i nostri nonni però hanno conosciuto la tv da adulti, come è accaduto ai nostri genitori con i pc.
Il tema lo ha cantato mirabilmente Cat Stevens in “Father and Son”, lo scontro generazionale di un papà che parla in tono sommesso con un figlio che ha tutta la voglia di tagliare quel cordone ombelicale e di fare le sue esperienze.
È un momento che ognuno di noi ha vissuto, almeno per essere stato figlio. È l’eterno scontro tra passato e futuro perché tutto cambia e si evolve. Quello dei genitori resta il mestiere più duro al mondo e purtroppo il libretto delle istruzioni si scrive durante il viaggio. Può essere d’aiuto ai papà di oggi un vecchio proverbio che suona così: l’esempi te ghe de daghel, mia dighel. Tradotto dal dialetto lombardo: il miglior esempio sono i fatti, non le parole.